Beatrice vive a Milano.

Ho veramente desiderato questo figlio. Ero molto giovane e ho avuto un parto particolarmente difficile che ha causato una lesione alla corteccia cerebrale del bimbo. Inizialmente sembrava non ci fosse stata alcuna conseguenza: il piccolo era molto sveglio, molto vivace, però si notavano alcuni comportamenti anomali. Io sentivo che non stava bene perché aveva difficoltà ad orientarsi, non riusciva a tenere la testa dritta. All’asilo mi consigliarono di portarlo dal neurologo. Il bimbo era molto maturo intellettualmente, parlava molto bene e mi dicevano che si sarebbe sistemato con la crescita, che non c’era da preoccuparsi.
Viceversa io ero sempre in crisi ma mi ripetevo che forse ero troppo angosciata. Mio marito si innervosiva moltissimo con Renato perché si lamentava che con lui non si poteva giocare, non si poteva fare, disfare, che non poteva fare niente e che sicuramente il bimbo aveva dei problemi.
Dopo quattro anni abbiamo avuto un altro figlio e lì ho visto l’enorme differenza tra i due bambini perché il secondo non aveva le stesse manifestazioni del primo: non era nervoso come Renato che continuava a disperarsi perché perdeva gli oggetti, li rompeva, continuava a macchiarsi.
Per fortuna le elementari sono state un’esperienza positiva: l’insegnante accettava il suo disordine, il suo caos e lo apprezzava tantissimo. Quindi lui non ha avvertito nessuna differenza con gli altri ragazzi. Il problema è scoppiato alle medie con insegnanti diversi in tutte le materie: Renato non si è sentito all’altezza dei compagni. Nell’adolescenza è cominciata la depressione.
Nelle prime superiori i disturbi si sono aggravati. L’ho mandato da uno psicoterapeuta, ma ha continuato a peggiorare perché non è stato curato bene: anche se avevo sempre fatto presente i danni provocati da un parto molto complicato e i numerosi segnali da me rilevati, era stata fatta un’ipotesi diagnostica di difficoltà ambientale con la famiglia.
E’ stato il periodo più brutto, dai 14 ai 20 anni; io non riuscivo a tirarlo fuori dalle grinfie del suo analista, il ragazzo aveva anche cominciato a prendere dei farmaci e aveva tentato il suicidio molte volte, in casa non si riusciva più a vivere, mio marito era molto depresso, non voleva saperne, scoppiavano molte liti; l’altro figlio si chiudeva, passava dall’essere molto assistenziale all’essere molto cupo finché ho deciso di andare in analisi io stessa dato che la famiglia stava andando completamente a rotoli.
Grazie proprio alla collaborazione della mia analista sono riuscita a strapparlo dalle mani del suo terapeuta. Anche se tra colleghi non si sarebbero mai messi l’uno contro l’altro, l’ho finalmente convinta che quella persona non lo stava curando adeguatamente: è stata lei a segnalarmi la competenza specifica di un terapeuta di una clinica privata. Abbiamo deciso che alla prima crisi Renato fosse affidato a questo nuovo medico che si è dimostrato subito molto valido: è stato ricoverato lì, hanno rifatto tutti i test, hanno dato il giusto peso ai danni cerebrali causati dalla nascita e hanno messo accanto a lui degli assistenti. Per un certo numero di ore al giorno o intere giornate, a volte anche la notte, aveva una persona con la quale poter esprimere le sue angosce, parlare, anche di musica o di quello che voleva. Per la prima volta Renato si è sentito riconosciuto nella sua sofferenza e questo ha favorito un grande miglioramento.
E’ stata la bravura di questo medico che gli ha dato corda. Renato è borderline, non ha limiti, ma questo terapeuta, di fronte a troppa sofferenza spostava i limiti: se il ragazzo voleva due registratori, due registratori, se voleva tre computer, tre computer; magari c’erano delle risse perché mio marito non avrebbe voluto darglieli, ma, quando andavamo a parlare col medico, ci diceva: "Se potete, accontentatelo. Io sono pragmatico, tento, non ho il verbo, per me bisogna dargli ascolto”.
L’osservazione del comportamento degli assistenti mi ha fatto capire come rapportarmi io stessa con mio figlio: ho capito che non bisognava mai dargli addosso, anche se lui veramente non aveva limiti, spendeva tantissimo, infatti litigava sempre con mio marito perché pretendeva sempre più soldi. A 14-15 anni, si era unito a dei gruppi di ragazzi al liceo molto trasgressivi, rubava soldi in casa, mio marito non si accorgeva, io invece avevo capito.
Dai 22 ai 34 anni gli assistenti venivano a casa 2-3 volte alla settima ...[continua]

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