Claudio Castelli, già componente del Csm e Capo Dipartimento al Ministero di Giustizia, attualmente è Presidente Aggiunto Ufficio Gip presso il Tribunale di Milano; sovrintende all’Ufficio Innovazione del Tribunale e coordina i progetti in corso nel Tribunale di Milano.

Vorremmo parlare dello stato di salute del sistema giudiziario italiano. Ancora a gennaio si parlava di nove milioni di procedimenti pendenti...

Il problema non è il numero, per quanto esorbitante, dei procedimenti, bensì l’arretrato. Quando si dice che l’arretrato consiste in nove milioni di processi civili e penali (ovvero tutti i pendenti) si dice una cosa scorretta, perché non si definisce cosa si intende per arretrato. È arretrato anche il procedimento iscritto il giorno prima? Direi di no. Dobbiamo allora decidere come definire le cause arretrate.
A me sembra più importante sottolineare che da diversi anni noi abbiamo un saldo positivo tra processi definiti e sopravvenuti. Questo a livello nazionale. Dopodiché, non c’è dubbio: sulla giustizia italiana viene a essere enorme il peso dell’arretrato, cioè il peso di quei procedimenti che da tempo esistono e non si riescono a smaltire. Però è sbagliato avere un’ottica per cui non è possibile far nulla, come se una giustizia lenta e bloccata fosse inevitabile.
Noi oggi abbiamo una serie di esperienze che dimostrano che -a normativa invariata- è possibile gestire le cose in modo diverso. Viene citata sempre, e giustamente, l’esperienza di Torino col progetto Strasburgo. A Torino semplicemente hanno "targato” i processi, individuando l’anno di iscrizione a ruolo e poi hanno stilato un progetto di esaurimento, dando la priorità alla definizione dei processi più vecchi per rientrare nel limite di tre anni. A Milano abbiamo fatto una cosa analoga e oggi nel civile abbiamo pendenti meno di 60.000 procedimenti, nel penale meno di 6000. Tra l’altro stiamo parlando di situazioni, quelle del Nord Italia, particolarmente sfortunate dal punto di vista delle risorse umane quanto a personale amministrativo.
Questo per ribadire che è possibile cambiare e migliorare. Esistono già oggi una serie di best practices da sperimentare. Bisognerebbe trarre da queste esperienze gli elementi positivi ed estenderli. Rispetto in particolare al civile, il settore più in crisi, ci sono una serie di direttrici su cui si potrebbe agire. Intanto il controllo della domanda, cioè il controllo delle cause che vengono iscritte. Noi ci lamentiamo di come va la giustizia in Italia, ma il nostro paese vanta un contenzioso civile rapportato al numero di abitanti quasi doppio rispetto a Francia e Spagna ed inferiore in Europa solo alla Russia e all’Olanda. Quindi c’è un problema di filtro, ma c’è un problema anche di abuso del diritto. Alcuni elementi sono emersi in modo chiarissimo. A un certo punto è venuto fuori che nella provincia di Foggia c’era più di una causa previdenziale per abitante! Bene, una volta che si sono attivati gli interventi necessari, il contenzioso previdenziale nella provincia è crollato dell’88%.
Cos’è stato fatto? Da un lato sono stati riuniti i procedimenti, dall’altro c’è stato un impegno dell’Inps ed indagini penali. Ed infine è stata addirittura approvata una norma di legge che estingueva il contenzioso sotto i 500 euro, dando automaticamente ragione al ricorrente, soluzione per molti versi assurda, ma molto meno costosa per le casse pubbliche. Consideriamo che noi abbiamo zone del paese in cui ci sono migliaia di cause per due euro. Ecco spiegata la necessità di intervenire anche rispetto alla domanda.
La seconda direttrice riguarda la sfida della telematica, cioè la digitalizzazione dei processi. A Milano siamo forse l’esperienza più avanzata in Italia, ma occorre subito chiarire un punto di fondo: il processo telematico aumenta la qualità, ma diminuisce in modo limitato i tempi, perché può solo intervenire sui tempi morti, non su quelli della trattazione.
Come terza direttrice voglio citare un’esperienza estremamente interessante che è stata fatta qui a Milano e che comporta invece un forte sveltimento, cioè l’ufficio del processo.
Cos’è l’ufficio del processo?
Oggi il magistrato è uno dei pochissimi professionisti che non è adiuvato da collaboratori, nel senso che fa tutto lui. Per fare un esempio semplicissimo: nel settore civile a Milano abbiamo più magistrati che cancellieri. Questo vuol dire che parte del tuo tempo deve essere dedicato a ordinare i fascicoli, a copiare ...[continua]

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