Jean-Philippe Béja, sinologo, ricercatore presso il Centre d’études français sur la Chine contemporaine di Hong Kong, direttore di ricerca al Centre national de la recherche scientifique, vive a Parigi.

Se negli anni Duemila la Cina sembrava segnata da un certo fermento, dopo le Olimpiadi, ma soprattutto dopo l’insediamento di Xi Jinping, stiamo assistendo a un irrigidimento del regime politico. Puoi raccontare?
Alla vigilia delle Olimpiadi, la Cina aveva cercato di dare un’immagine un po’ più aperta; c’era stata un’esplosione delle Ong e l’inizio del movimento di difesa dei diritti, nato nel 2004 e cresciuto fino al 2008, che è un vero anno di svolta sia per le Olimpiadi, sia soprattutto per la crisi finanziaria mondiale che mette il governo cinese in allarme. In quegli anni si registra in effetti una certa riduzione delle esportazioni, che sono il vero cuore dello sviluppo cinese; di qui la paura di una crisi economica. Da quel momento in poi vediamo una Cina molto più sicura di sé sulla scena internazionale e al contempo alle prese, all’interno, con una tensione sociale crescente. Questo mix di arroganza all’esterno e di crisi all’interno, cifra del mandato Xi Jinping, porta il regime a diventare più rigido verso i movimenti sociali.
L’arresto di Lu Xiaobo, avvenuto nel 2008, con la conseguente condanna a undici anni di prigione, segna un po’ un punto di passaggio e rivela l’inquietudine del governo nei confronti delle istanze sociali, ma anche civili, che avanzano. Le rivendicazioni della società e dei lavoratori si diffondono. Nel 2010, nel Guangdong si susseguono gli scioperi: una nuova generazione di lavoratori ha iniziato a rivendicare i propri diritti. Dobbiamo considerare che nei primi trent’anni di riforma, i cinesi che arrivavano dalla campagna erano disposti più o meno a tutto. La nuova generazione, i nati fra gli anni Ottanta e i Novanta, ha rivendicazioni diverse; è un po’ la situazione degli emigrati della seconda generazione in Europa. Questi giovani sono stati educati al villaggio però non sono contadini: in qualche modo possiamo dire che vanno a lavorare in città, ma non hanno nessun posto dove tornare, non è che possono tornare a essere contadini. E, d’altra parte, il sistema ­dell’hukou, il libretto di residenza ("Una città” n. 114, 2003) impedisce loro di integrarsi pienamente nella società urbana. Parliamo anche di persone che sanno come va il mondo: hanno tutti il telefono, vanno in internet, hanno Qq, il programma di instant messaging cinese, e le varie reti sociali, quindi c’è una consapevolezza, una coscienza diversa da quella dei loro genitori che andavano in città solo per fare i soldi necessari a tornare in campagna.
Anche dopo il 2010, nel Guangdong, il famoso "engine house of growth”, la sala macchine della crescita, ma anche nel delta del fiume Azzurro, i movimenti sociali continuano costringendo il governo locale a prendere provvedimenti. All’epoca la decisione è di non riconoscere l’esistenza di un movimento e però di tollerare dei rudimenti di negoziato collettivo, di contrattazione, per cui si cercano di evitare gli scioperi, ma non si arrestano gli organizzatori.
Questa è stata la politica di Wang Yang, il Segretario del Partito comunista cinese della Provincia del Guangdong, fino al 2012-2013, sotto la presidenza Hu Jintao. Quando è arrivato Xi Jinping, Wang Yang, che era più vicino a Hu Jintao, e che aveva negoziato con gli operai ma anche coi contadini a Wukan, è diventato viceministro degli esteri, venendo rimpiazzato da Hu Chunhua che ha cambiato completamente politica, come d’altra parte è avvenuto nel resto del paese. La nuova strategia del potere punta ora a una sorta di "governo sociale”, attraverso la creazione di organizzazioni non governative che "vendono” dei servizi sociali, facilitando così il controllo del partito sulla società. Si tratta di organizzazioni che non hanno una vera autonomia e se ce l’hanno non possono comunque parlare in termini di diritti ma solo di aiuto sociale, di politiche sociali. Contemporaneamente si assiste a una forte repressione contro tutti i soggetti che invece parlano in termini di diritto. Ormai non si contano gli arresti di avvocati impegnati.
Oggi i giudizi su Xi Jinping sono molto controversi.
Molta gente sostiene che attraverso lo sviluppo di queste organizzazioni non governative sta incoraggiando un’organizzazione autonoma della società e che la repressione non sarebbe così importante.
C’è invece ch ...[continua]

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