Ziad Majed, ricercatore e politologo libanese, insegna studi mediorientali all’American University di Parigi. Ha partecipato alla fondazione della Sinistra democratica nel suo paese e alle mobilitazioni nel marzo 2005 che chiedevano il ritiro delle truppe siriane dal territorio libanese. Vive in Francia. Ha scritto Syrie, la révolution orpheline, Sindbad/Actes Sud, 2014.

Con l’avanzata dell’Isis in Siria, il regime di Assad ha assunto il ruolo di baluardo contro il fondamentalismo. Tu sei contrario a questa versione.
Credo che, per capire la situazione attuale in Siria, sia necessario tornare indietro agli anni del regime di Assad padre. Assad ha instaurato un modello di dittatura fondato sul partito unico, il partito Baath, e su una rete al contempo mafiosa, familiare e comunitaria. Infine ha imposto lo stato d’emergenza, che implica l’assenza del diritto di assemblea, di manifestazione e, in generale, della libertà di stampa. Questo per quanto riguarda la politica interna. Per quanto riguarda la politica estera, invece, Assad si è presentato come "il capo arabo” in grado di sfidare gli israeliani e grande sostenitore della causa palestinese, che ha sfruttato per autolegittimarsi e per inviare le sue truppe in Libano dove, per molti anni, ha controllato la vita politica. Si è servito del Libano anche per inviare dei messaggi all’Occidente. Ugualmente ha sfruttato la questione curda per inviare dei messaggi ai turchi. Ha giocato con le contraddizioni interne alla regione, alleandosi con l’Iran dopo la rivoluzione islamica del 1979, pur mantenendo l’alleanza con l’Arabia Saudita che sosteneva il suo regime finanziariamente. Ha quindi giocato su più fronti: era in buoni rapporti con l’amministrazione americana e allo stesso tempo era alleato dell’Unione Sovietica; ha saputo approfittare di ogni alleanza per restare al potere. La sua strategia politica era volta anche a far sparire, in qualche modo, la società siriana. Dagli anni Settanta-Ottanta si è smesso di parlare delle donne e degli uomini siriani, delle loro condizioni di vita, dei prigionieri politici, della povertà, delle condizioni di lavoro.
Non si è saputo niente neanche di Hama, dove nel febbraio 1982 il regime ha massacrato circa 30.000 persone; non si sono viste le immagini delle rovine della città e non sappiamo cosa sia successo alle 17.000 persone scomparse.
Nel 2000 ha passato il potere al figlio.
Sì, come in Corea del Nord. All’epoca, il figlio non aveva neanche l’età costituzionale per la presidenza: la costituzione è stata quindi modificata. Qualcuno sperava che avesse una mentalità diversa e che, essendosi formato all’estero, avrebbe permesso una certa apertura, come se il solo vivere per qualche anno in Europa potesse rendere una persona democratica o progressista. Purtroppo, all’epoca anche certi politici europei la pensavano così.
La sua presa di potere ha coinciso con la cosiddetta "primavera di Damasco” tra il 2000 e il 2001, quando alcuni intellettuali siriani hanno scritto delle petizioni, hanno firmato delle dichiarazioni, hanno organizzato forum, incontri privati e nei circoli culturali per chiedere la fine dello stato d’emergenza, la liberazione dei prigionieri politici e il ritorno degli esiliati. Il regime ha risposto con l’arresto della maggior parte dei membri di questi gruppi. Nel 2001 le illusioni erano finite.
Nel frattempo era cominciata la privatizzazione di buona parte del settore pubblico con il trasferimento della proprietà di molte grosse aziende statali a uomini d’affari vicini ad Assad; il più famoso è il cugino di primo grado Rami Makhlouf, il quale, secondo le stime, possiede circa il 40% dell’economia siriana; ha infatti ottenuto il monopolio in diversi settori, tra cui il gas, il turismo, la telefonia mobile e le carte di credito. Il regime si è orientato verso il terziario e le banche, tagliando i sussidi all’agricoltura. Queste politiche, assieme a lunghi periodi di siccità, si sono rivelate una catastrofe per il mondo rurale, con il conseguente esodo della popolazione verso la città e un forte aumento della povertà. Già nel 2007-2008, le Nazioni Unite stimavano che il 30% della popolazione vivesse in povertà.
Il rapporto tra Assad e gli jihadisti è sempre stato opaco.
...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!