Christophe Dhote, psichiatra, lavora presso Mgen (Mutuelle générale de l’Éducation nationale), un ente mutualististico francese che eroga prestazioni sanitarie al personale dell’istruzione, della ricerca, della cultura, della comunicazione e dello sport.

Lei lavora presso uno dei centri diurni della Mutua generale dell’educazione nazionale e si occupa nello specifico di riqualificare gli insegnanti che hanno lasciato il lavoro per problemi di salute mentale.
Forse è opportuno premettere che in Francia esiste la "Mutuelle Générale de l’Éducation Nationale”, che si occupa della Sécurité sociale degli insegnanti e di altro personale impegnato nell’istruzione e che gestisce diversi ospedali. Si tratta di un ente privato che riceve fondi pubblici perché offre un servizio che lo Stato non fornisce o lo fa in modo insufficiente. I nostri pazienti sono affetti da patologie psichiatriche più o meno gravi e circa la metà sono insegnanti.
Questo ospedale esiste dal 1962, ed è stato aperto da uno dei grandi precursori della psichiatria extra ospedaliera, il dottor Paul Sivadon, che si impegnò molto per la nascita di una rete di centri terapeutici per i pazienti dimessi dall’ospedale. Nacquero così diverse strutture extra-ospedaliere, tra cui questo ospedale diurno. La particolarità di questa struttura è che può essere considerata allo stesso tempo un ospedale, una scuola e un’impresa. Noi parliamo di "Atelier thérapautique”, cioè di laboratorio terapeutico. Non ce ne sono molti in Francia. Il nostro personale è composto da infermieri, medici, ergoterapeuti, da una parte, e insegnanti, dall’altra, che vengono qui a fare lezione ai pazienti. Poi, al piano terra, abbiamo anche una tipografia vera e propria che realizza diversi lavori, in base agli ordini; è un’attività che ha un suo mercato.
In effetti, l’aspetto più interessante del nostro centro è che i nostri pazienti sono seguiti non solo da medici, ma anche da insegnanti e da tipografi, il tutto nell’ottica di riqualificare le persone. Teniamo presente che chi si avvicina al nostro centro ha smesso di lavorare per motivi di salute psichica. Per ognuno di loro, il primo obiettivo è verificare se potranno tornare a lavorare e, in caso di risposta positiva, capire se è il caso di riprendere con il mestiere che hanno sempre svolto o invece cambiare. Noi crediamo che il lavoro possa avere una virtù terapeutica, ma è un percorso complesso perché le persone che vengono qui si sono ammalate a causa del lavoro, e noi per curarle le facciamo lavorare.
Come si manifesta il disagio degli insegnanti?
Ci tengo a dire che sono state svolte indagini importanti sui problemi psichiatrici degli insegnanti da cui è emerso che questa categoria non presenta problematiche diverse rispetto ad altri gruppi sociali.
Negli anni Duemila è stata condotta una ricerca mettendo a confronto un gruppo di insegnanti e un gruppo di non insegnanti della stessa regione; entrambi i gruppi erano composti da impiegati pubblici, erano quindi due campioni comparabili. Bene, l’incidenza di problemi psichiatrici era la medesima. Ciò che invece è emerso è che ci sono delle differenze enormi all’interno del gruppo degli insegnanti. Possiamo infatti distinguere tre categorie: gli insegnanti con una preparazione più lunga alle spalle, quelli con una preparazione più breve e, tra i due poli, quelli nella norma. Ebbene, quelli più colpiti da problemi psichiatrici sono quelli che hanno avuto una formazione più breve, cioè gli insegnanti della scuola di primo grado, quelli che si occupano dei più piccoli.
Poi ci sono gli insegnanti di "second degré”, ovvero della scuola media, del liceo. Tra gli insegnanti universitari si registra l’incidenza più bassa. Probabilmente, queste persone hanno le risorse e gli strumenti per affidarsi a uno specialista tempestivamente così da prevenire l’aggravarsi del problema. Gli altri, invece, se ne accorgono dopo, quando la malattia è già a uno stadio avanzato.
Riguardo le patologie, abbiamo da un lato le manifestazioni più gravi, le psicosi che riscontriamo negli insegnanti giovani per i quali, in media, il futuro professionale è molto negativo: la maggior parte dovrà smettere di insegnare; dall’altro lato, ci sono i pazienti con oltre vent’anni di esperienza alle spalle, persone di 45-50 anni, che soffrono più che altro di depressione e, nella maggior parte dei casi, tornano a lavorare. Si tratta di problematiche completamente diverse: nei pazienti ...[continua]

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