Lei gira la Basilicata con la sua Apecar, che ha battezzato "bibliomotocarro”, per portare libri ai bambini delle elementari. Da quando va avanti?
Il bibliomotocarro è nato nell’ottobre del 1999 in un vecchio rione del mio paese, Ferrandina, chiamato "Mbet la terr”, che significa "Ai piedi della terra”. Era il rione dei contadini, come lo erano i miei genitori. Ho scelto il motocarro perché mi serviva un mezzo che potesse percorrere le viuzze e le strade della Basilicata, attraverso i paesi impervi della provincia di Matera e di Potenza, dove c’è più bisogno di libri. È un mezzo lento, ma questa è una sua qualità, e anzi, la fortuna dell’iniziativa sta proprio nell’umiltà del mezzo: è un veicolo semplice, quello che porta la frutta al mercato. Ecco, per me il libro è come il pomodoro, come l’insalata che usiamo a tavola.
In più, è un mezzo che mette a proprio agio i bambini. Poi c’è la sua forma di casetta: la casa è il rifugio, ma è anche il luogo dove il bambino impara a essere lettore o a non esserlo, a seconda di che esempi ha.
Se in Italia si legge poco, in Basilicata si legge ancora meno. Abbiamo dato a un nostro progetto il nome "Amico Libro”, un’idea che mi ha dato una mia ex alunna. Lei, dopo aver sentito parlare del bibliomotocarro, mi ha scritto per dirmi di come, da fanciulla, aveva avuto delle difficoltà che è riuscita a superare solo grazie ai libri. Poi le ha incontrate di nuovo, da adolescente, ma crescendo ha trovato sempre nel libro l’amico. Ecco, vogliamo portare in giro questo messaggio di un libro amico, che accompagna.
Come è nata l’idea?
Il primo libro vero che ho letto, Fontamara di Ignazio Silone, lo presi quando avevo 15 anni da un camion che portava libri nelle piazze dei piccoli comuni della provincia. Era un’iniziativa del Provveditorato agli studi di Matera. Devo molto a quell’episodio, ma certo non avrei inventato il bibliomotocarro senza ciò che i miei genitori -papà con la seconda elementare, mamma con la terza- mi hanno trasmesso sullo studiare e sul mandare i propri figli a scuola. Loro assegnavano allo studio due finalità importanti: da un lato migliorare le condizioni socio-economiche, ma dall’altro anche suscitare un anelito verso la società, per fare qualcosa di utile.
Lei si sposta anche fuori regione.
La mia azione è rivolta soprattutto ai paesi della Basilicata, ma la settimana scorsa ero a Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi. Devo dire che le scuole pugliesi mi chiamano frequentemente: sempre nel brindisino sono stato a Ceglie Messapica, a Francavilla Fontana, poi un paio di volte in provincia di Lecce, a Parabita, e ultimamente anche a Carpignano Salentino. Oltre cinque ore di viaggio!
Sono andato molte volte anche in provincia di Bari, dove ho visitato una decina di scuole. Dal 1999 a oggi ho percorso 100 mila chilometri, 80 mila in Basilicata, 20 mila nelle altre regioni; sono stato in Abruzzo, a Torino al Salone del Libro e in Veneto al Festival della Lentezza, più volte nel Lazio, a Roma, sia in un campo rom al Foro Italico sia nel centro per i rifugiati e i richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto. Là i bambini non volevano più uscire dalla casetta. Vivendo in quell’enorme casermone, che non hanno mai sentito come casa propria, lì dentro hanno sentito un conforto, una sorta di tranquillità... Quando è arrivato il momento di andarsene mi imploravano, si aggrappavano alle mie gambe: "Per favore, non andare via!”. Una testimonianza di affetto, di simpatia, ma soprattutto la dichiarazione di un malessere profondo. Quando poi hanno capito che me ne stavo andando, aggrappati alle grate, alle inferriate, dicevano: "Maestro, torna domani!”. Io ho sperato che alcuni dei dirigenti del Ministero dell’Interno che mi avevano accompagnato mi aiutassero coi permessi per fare altre iniziative... Invece la storia è finita lì, mi è dispiaciuto molto. Quei bambini erano sicuri che sarei tornato, ma non è successo, ed è passato più di un anno.
Ma vedesse anche quando arrivo nei piccoli paesi... A Oliveto Lucano, 400 abitanti, per esempio, arrivo all’ora della mensa scolastica, mi fermo insieme ai bambini e alle maestre della scuola a tempo pieno e nel pomeriggio facciamo le nostre attività. E loro sono affascinati... Questo stare all’interno della casetta trasmette loro una sorta di conforto. Trovo entusiasmo, fin dall’inizio. Credo dipenda dalla se ...[continua]
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