Bruno Anastasia, responsabile dell’Osservatorio di Veneto Lavoro, si occupa da tempo dell’economia e del mercato del lavoro veneto, cui ha dedicato numerose ricerche.

Il rapporto di Veneto Lavoro del 2014 aveva come titolo: "Discesa finita?”. Vorremmo partire da lì.
Allora, nella primavera 2014 era ancora un interrogativo. Oggi possiamo indicare anche una risposta. Certo, la discesa -intesa come continua riduzione dei livelli occupazionali- è terminata, questo è fuori discussione. Nel 2015 l’occupazione è aumentata. Si può dire che almeno quanto perduto tra il 2012 e il 2014 è stato recuperato. Ma per ritornare ai valori pre-crisi del 2008 manca ancora mezzo milione di occupati.
Ora il dibattito verte sul perché l’occupazione sia aumentata, su chi abbia il merito, se il Jobs Act, la congiuntura, la decontribuzione triennale straordinaria prevista nel 2015 per le nuove assunzioni, o quale mix di tutti questi fattori.
I dati amministrativi (sia di fonte Inps sia quelli dei Centri per l’impiego, derivanti dalle comunicazioni obbligatorie delle imprese sui rapporti di lavoro) mostrano, con riferimento al 2015, soprattutto per il secondo semestre, una crescita molto rilevante, concentrata esclusivamente sui rapporti a tempo indeterminato, agevolati chiaramente dalla decontribuzione. La decontribuzione ha avuto un impatto assolutamente di rilievo (un milione e mezzo di rapporti agevolati in Italia) ed è stata senz’altro un successo: ciò appare attribuibile sia al rilevante contenuto economico (un abbattimento del costo del lavoro per tre anni per circa il 30%), sia al procedimento tecnico-burocratico previsto, estremamente semplice e quindi attraente per le imprese. Tale successo mostra dunque, in controluce, da un lato la rilevanza del costo del lavoro nelle scelte delle imprese, come del resto era logico attendersi, dall’altro l’importanza di un disegno chiaro (e possibilmente semplice) delle procedure amministrative.
I contratti a tempo determinato non sono diminuiti in termini di flusso: la consistenza dei rapporti di lavoro stagionali, la numerosità dei rapporti per sostituzione, ecc., non è variata rispetto agli anni precedenti. Sono invece diminuiti in termini di stock, per la semplice ragione che molti sono stati trasformati in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Nel complesso comunque i rapporti di lavoro dipendente sono nettamente aumentati, con un tasso di crescita ben superiore a quello del Pil.
Questo è quanto accaduto nel 2015. Ma ora cosa sta succedendo nell’anno in corso? Qual è il rimbalzo dopo la fine della grande agevolazione?
Non possiamo evidentemente aspettarci che continuino flussi di assunzioni delle dimensioni osservate. Non è pensabile che le imprese attivino di continuo assunzioni a tempo indeterminato; prima o poi l’organico viene saturato. Anzi, non è da escludere che in alcune imprese si siano fatte anche più assunzioni del necessario, per "approfittare” degli sgravi ancor prima di aver chiare le prospettive aziendali e di mercato. C’è pertanto un problema di assestamento: le imprese, si può dire, hanno fatto scorta di forza lavoro e ora possono trattenerla solo se riescono adeguatamente a impiegarla a fronte delle dinamiche di domanda per i loro prodotti.
È sciocco scambiare la dinamica dei flussi (vale a dire le assunzioni e le cessazioni) con quella degli stock (vale a dire i livelli occupazionali). Non si può dire che le cose vanno male perché ora ci sono poche assunzioni: tutto dipende dal motivo per cui ci sono poche assunzioni, se sono poche perché ne sono state fatte tante nei mesi antecedenti, non dobbiamo certo meravigliarci. Il problema è se diminuiscono i posti di lavoro, non se diminuiscono le assunzioni! Riguardo i posti di lavoro il dato tendenziale su base annuale rimane positivo, certamente per gli effetti di trascinamento, ma anche perché la congiuntura, pur nella sua modestia, sta consentendo al sistema delle imprese di stabilizzarsi sui livelli occupazionali come incrementati nel 2015.
Possiamo dire che se a fine 2016 ci trovassimo a constatare che l’occupazione in quest’anno non è variata, che il saldo è rimasto a zero, dovremmo dire che non si tratta di un risultato negativo: significherebbe infatti che le imprese hanno totalmente incorporato lo scalino occupazionale del 2015. Possiamo spingerci a dire che anche una piccola flessione sarebbe comprensibile: perché nel bilancio complessivo di due anni, contrassegnati da u ...[continua]

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