Da dove nasce il bisogno di coordinare le politiche educative delle città?
Nonostante una cultura e un’educazione ‘statalista’, mi ci sono volute solo tre settimane dentro un ente locale per correre il rischio di diventare leghista e capire che occorreva combattere subito le forme più ottuse di statalismo per rispondere adeguatamente al ruolo nuovo che i cittadini attribuiscono alle amministrazioni locali che eleggono direttamente. I motivi fondamentali della costituzione del Coordinamento e del Forum sono due: la situazione di allarme per il ruolo degli enti locali nelle politiche scolastiche e lo scarto enorme tra quel che i cittadini ci chiedono e i poteri concreti che abbiamo in merito a queste politiche. I comuni gestiscono direttamente solo asili nido e scuole materne, ma -indirettamente- anche gran parte delle scuole statali (elementari, medie inferiori e superiori). Se il 97% del bilancio del Ministero della Pubblica Istruzione è destinato alla spesa del personale e solo il 3% è altro, ciò accade perché questo altro è sulle spalle degli enti locali: edilizia scolastica e manutenzione edifici, utenze (riscaldamento, elettricità ecc.), mense scolastiche, trasporti scolastici, politiche di diritto allo studio, parte del finanziamento per l’innovazione, l’extra scuola... La spesa per la scuola statale che i comuni non gestiscono è un’enormità per i bilanci delle città e non viene contraccambiata né dai trasferimenti né dai poteri. A Roma, per la manutenzione degli edifici scolastici, impegniamo oltre 250 miliardi, ma dovrebbero essere almeno 450: un giorno di riscaldamento costa più di 250 milioni, le mense scolastiche più di 50 miliardi l’anno, i trasporti scolastici 27 miliardi. Per le materne abbiamo trasferimenti per 800 milioni a fronte di 350 miliardi di spesa. Anche una parte importante del personale non docente delle scuole statali, i bidelli, è di nostra competenza. Come se in un’azienda una parte del personale fosse gestita direttamente dal capo dell’azienda, e un’altra parte da qualcun altro!
I tagli ai trasferimenti agli enti locali ci mettono in difficoltà nel sostenere degnamente il ruolo nuovo che i cittadini ci attribuiscono. Sappiamo benissimo che i tagli saranno progressivi. Non chiediamo soldi allo Stato, ma in cambio vogliamo gli strumenti e le responsabilità effettive per poter decidere noi come allocare le risorse, vogliamo poteri effettivi nei processi di razionalizzazione, perché siamo noi i responsabili della qualità della vita nel nostro territorio, che significa qualità della convivenza civile. Oggi siamo semplici portatori d’acqua al sistema scolastico, di acqua importante, altrimenti inaridisce, ma non possiamo decidere su alcuni punti fondamentali. Noi siamo disposti ad accettare la sfida della responsabilità, ma ci devono dare gli strumenti.
Uno degli esempi più clamorosi di centralismo assurdo riguarda l’edilizia scolastica. Si parla molto di razionalizzazione, formula elegante per dire che a causa del calo demografico va rivisto l’utilizzo degli edifici scolastici. A Roma, secondo i miei conti, almeno 241 istituti su 800 hanno più di dieci aule inutilizzate, senza tener conto di quelle sottoutilizzate. Questi edifici li abbiamo costruiti noi, li ristrutturiamo noi, dobbiamo rispettare le norme sulla sicurezza degli impianti. Per noi, ufficiali pagatori, non è irrilevante se gli istituti siano o no pienamente utilizzati, ma chi decide è l’amministrazione scolastica centrale sulla base di un decreto interministeriale che ...[continua]
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