Federico Bozzanca, sindacalista del Nidil, lavora presso la Camera del Lavoro Territoriale di Roma Est.

Nell’ambito della Cgil è nato un organismo, il Nidil, che si occupa delle nuove identità lavorative, puoi raccontarci?
Il Nidil nasce nel 1998; è la struttura più giovane della Cgil; nasce appunto per tutelare queste cosiddette nuove figure contrattuali; dico “cosiddette” perché se è vero che alcune delle figure contrattuali che noi tuteliamo esistono da poco tempo, vedi il lavoro interinale, altre figure, come la collaborazione coordinata e continuativa, esistono già da un po’. Negli ultimi anni, infatti, l’aumento della flessibilità nel mondo del lavoro ha causato inevitabilmente un’esplosione di queste nuove tipologie contrattuali, in particolar modo delle collaborazioni coordinate e continuative, del cosiddetto lavoro parasubordinato.
Nidil nasce per rispondere a queste nuove figure professionali, a queste nuove tipologie contrattuali, organizzando, rappresentando, dando la possibilità a questi lavoratori, spesso i meno tutelati, di accedere appunto a un sistema di diritti e garanzie.
Per entrare nel merito della questione, posso dire che, per sommi capi, abbiamo tre grandi filoni di rappresentanza.
Innanzitutto ci sono le collaborazioni coordinate e continuative che sono il nostro zoccolo duro, sia a livello nazionale che territoriale: anche qui a Roma la maggior parte degli iscritti sono lavoratori in collaborazione coordinata e continuativa.
Queste sono le figure più precarie perché purtroppo non hanno alcuna legge, alcun contratto di riferimento che li tuteli. In realtà era stata presentata una legge, la legge Smuraglia, che doveva in qualche modo regolamentare questo mondo delle collaborazioni, e però non è mai stata approvata. Tutto ciò poi si inserisce anche in un contesto abbastanza particolare perché, di fronte all’esigenza di diritti e tutele maggiori, il governo Berlusconi risponde proponendo un ulteriore aumento della flessibilità nel mondo del lavoro. Questo secondo noi va in controtendenza rispetto all’esigenza sentita da quasi due milioni di lavoratori in collaborazione coordinata e continuativa, che allo stato attuale hanno pochissime tutele; hanno dei contributi previdenziali bassi e pochi diritti anche rispetto all’utilizzo di ciò che versano.
L’altro filone importante è quello del lavoro interinale che, nonostante la precarietà insita nella natura stessa del contratto, ha sicuramente maggiori garanzie e diritti, nel senso che c’è un contratto collettivo nazionale di lavoro, che rimanda alle contrattazioni collettive di categoria, e una legge ben precisa, che stabilisce una serie di punti fermi. E’ chiaro che il lavoratore interinale spesso si trova nelle stesse condizioni di un lavoratore coordinato e continuativo proprio per la brevità della missione e per la precarietà della propria situazione però, almeno nel momento in cui svolge la propria mansione con l’impresa utilizzatrice, gode di alcune garanzie.
C’è poi un’ulteriore e importante discriminante rispetto ai collaboratori: questi lavoratori hanno diritto anche alla formazione continua, e in Italia la percentuale che viene stanziata è molto elevata: per ogni lavoratore le imprese fornitrici versano il 4% a un fondo nazionale che gestisce e finanzia la formazione continua per i lavoratori interinali.
Questo per il sindacato è assolutamente fondamentale, perché dà l’opportunità di sperimentare la contrattazione della formazione e di garantire dei percorsi di riqualificazione; un fattore decisivo anche perché permette di essere inseriti in altre missioni o addirittura di stabilizzarsi. C’è infatti da sottolineare che una quota significativa dei lavoratori interinali riesce ad ottenere l’assunzione a tempo indeterminato.
In base a una recente ricerca commissionata da Nidil all’Ires, risulta che ben il 22% dei lavoratori interinali viene assunto dalle aziende dopo un periodo di “prova” con contratto di lavoro interinale. Probabilmente alla base c’è l’ipotesi di un uso del lavoro interinale come canale di reclutamento da parte delle imprese, isoprattutto perché le agenzie sanno selezionare e collocare, anche grazie a internet; cosa che il collocamento pubblico ancora non è in grado di garantire.
Il terzo filone importante è quello delle “professioni”, delle partite Iva, del lavoro autonomo non riconducibile a ordini professionali. In Italia sono state censite tantissime professioni dal Cnel, com ...[continua]

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