Com’è la situazione qui in Veneto, soprattutto a livello delle piccole o piccolissime aziende?
Purtroppo attualmente il trend è negativo. Dopo anni in cui il Nordest era praticamente sinonimo di piena occupazione, nel 2003 i posti di lavoro sono calati del 3% e nel 2004 di un ulteriore 2%, in particolare nei settori tessile, abbigliamento e calzaturiero, comparti tradizionalmente più esposti alla concorrenza internazionale.
E il peggio è che non si tratta di un fenomeno episodico ma di una crisi strutturale vera e propria, aggravata dal fatto che a fronte di aziende che chiudono o riducono i posti di lavoro, ne nascono altre in continuazione. In realtà si tratta spesso di ex dipendenti che avendo perso il lavoro provano a trasformarsi in piccoli imprenditori. D’altronde la piccola e piccolissima impresa, quella artigianale per intenderci, nel Nordest rappresenta una realtà significativa, con circa 200.000 dipendenti.
E’ proprio questo il settore dove la crisi si è riversata maggiormente, per motivi facilmente intuibili: l’eccessiva frammentazione indebolisce, difficilmente le aziende piccolissime riescono a dotarsi di meccanismi compensativi e aggreganti in modo da reggere la competizione internazionale.
Cosa intende per meccanismi compensativi e aggreganti?
Intendo tutta quella serie di iniziative atte a valorizzare le peculiarità delle singole aziende e nello stesso tempo a favorire le sinergie tra le singole realtà. Prendiamo le politiche commerciali e promozionali: ogni azienda le realizza per conto suo, anche se si tratta di ditte dello stesso settore o che addirittura fanno lo stesso prodotto. Ecco allora che occorrerebbe una sinergia, anche coinvolgendo l’università e i centri di ricerca, perché “piccolo è bello” ormai non basta più; è servito a costruire il Veneto negli ultimi trent’anni, ora però non è più la forma adeguata all’attuale fase economica. Ci sono località in cui prevale il settore del legno, altre la ceramica o l’oreficeria. E’ un tipo di tessuto che va mantenuto, ma la cui eccessiva frammentazione sta diventando un motivo di debolezza. Ecco quindi che sono necessarie politiche che favoriscano il mettersi insieme su determinati obiettivi, pur nel rispetto delle singole realtà.
Il sindacato che tipo di politica sta attuando per far fronte a questa crisi? So che qui in Veneto si sta sperimentando un tipo di intervento particolare, l’Ente Bilaterale…
Sì, è un organismo costituito una quindicina d’anni fa, a seguito di un’idea della Cisl, condivisa poi anche da Cgil e Uil, con l’obiettivo di migliorare la situazione nel settore dell’artigianato, sia sul versante delle imprese che su quello dei lavoratori dipendenti. Anche il finanziamento è bilaterale, nel senso che i lavoratori e le imprese cofinanziano l’ente, che solo in rari casi (ad esempio mancanza di lavoro) ricorre parzialmente a fondi regionali. Vengono erogati contributi in determinate circostanze: bisogni formativi, interventi di adeguamento alla legislazione corrente, ma anche necessità più personali, sia familiari che aziendali, dalle spese mediche alla sicurezza sul lavoro... E’ un’esperienza che stanno copiando anche altre regioni -anzi, noi vorremmo fosse estesa a tutt’Italia e non solo nel settore artigianale, ma anche nell’industria, nei servizi e nel commercio. Perché non è che un’azienda di dieci dipendenti, i cui lavoratori hanno il contratto dell’industria, abbia meno bisogno di sostegno rispetto a un’azienda che ha lo stesso numero di dipendenti ma ha il contratto dell’artigianato.
I principi su cui si basa l’Ente sono la mutualità e contrattazione. La mutualità significa mettere assieme delle risorse per degli scopi; la contrattazione viene invece intesa come momento dell’individuazione degli scopi per i quali utilizzare tali risorse. La bilateralità è anche un modo di corresponsabilizzazione rispetto ai problemi. Invece di perseguire il conflitto, ci si siede intorno a un tavolo e ci si chiede: “Come affrontare il problema nell’interesse, insieme, dei lavoratori e delle imprese?”. In fondo la mutualità è un piccolo impegno da parte di tutti che, se fatto nella direzione giusta, può cambiare il mondo. Ovviamente c’è bisogno di un minimo “sacrificio” bilaterale. Per i lavoratori è un contributo che non cambia assolutamente la vita in peggio, anzi dà loro delle garanzie per il ...[continua]
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