il governo ogni anno rende pubblici dei documenti vecchi di trent’anni che raccontano i retroscena delle decisioni di gabinetto. È una regola in continuo mutamento. Con la legge del 2010 sulla riforma costituzionale e della governance è arrivato l’impulso a fare un primo passo verso la pubblicazione dei documenti segreti già dopo vent’anni; ci si rifà alla legge del 2000 sulla libertà d’informazione, che permette ai cittadini britannici di poter accedere alle informazioni in qualsiasi momento, previo controllo e analisi da parte dei servizi segreti... un’altra storia dai contorni poco definiti. Come sempre, la pubblicazione di documenti attraverso gli archivi di Stato è uno specchio su un’altra realtà. Questo mese non si è parlato d’altro che del gallese Peter Walker, che trent’anni or sono fu Segretario di Stato: un conservatore, in carica sotto Margaret Thatcher, che mi lasciava perplessa riguardo al suo pianeta d’origine, e magari anche riguardo al mio. Oppure, chissà, forse aveva varcato per sbaglio il confine di un mondo di enormi funghi a cappella, bruchi col narghilè e gemelli inquietanti. Cominciai, da novella studentessa di filosofia, a mettere in discussione la realtà stessa, l’esistenza di una coscienza collettiva, perfino lo scopo della vita. Peter Walker faceva pressione affinché la Thatcher riparasse quella che considerava una grossa falla nella legge delle imposte pro capite. Si chiamava poll tax, "testatico”, e contribuì al declino della Thatcher, e di Bruges. Un po’ come quando Maria Antonietta disse: "Che mangino brioche!”, e inciampò finendo dritta sulla ghigliottina. Il "testatico”, o tassa sulle comunità, per dirla com’è, fu sguinzagliato dalle stanze del ministero e del parlamento per rimpiazzare una tassa più vecchia che era basata sulle dimensioni delle abitazioni dei cittadini inglesi (nessun sistema è perfetto, ma quella tassa prevedeva che chi aveva un castello, un grossa tenuta o cinque stanze da letto indipendenti pagasse appena qualche spicciolo in più di chi viveva in una casa a schiera di tre vani in centro città). Il "testatico” intendeva tassare tutti allo stesso modo, a prescindere da dove si vivesse e da quanto si possedesse. Diciamo che non fruttò molti consensi alla Regina Blu. I vecchi pensionati che si rifiutarono di pagare la tassa furono spediti in galera. Nel maggio del 1990 Londra fu teatro dei peggiori tumulti del secolo. Sembra che Mr. Walker fosse preoccupato che l’esenzione di cui godevano i senzatetto diventasse un incentivo a dormire per strada, così da evitare di pagare le tasse. Voleva che i senzatetto pagassero per mandare giù un boccone d’aria, anche se un po’ meno di coloro che avevano una porta da chiudersi alle spalle. Mi chiedo se il signor Walker abbia mai passato la notte su una strada del Galles -con i quotidiani ficcati nel sacco a pelo nel vano tentativo di ripararsi dal freddo, risvegliandosi fradicio di entusiasmo sotto una pioggerella sottile- e se avrebbe fatto dormire anche i suoi bambini sugli scatoloni di carta. Chi pensava vivesse in Inghilterra? Che tipo di mondo era la sua Inghilterra?
Il problema dell’Inghilterra in cui vogliamo vivere è al cuore del referendum per cui si voterà il 23 giugno. Ne parla ogni notiziario, nei giornali vengono erette cataste di parole. È un chiassoso susseguirsi di pro e contro, ma in pochi si guardano indietro cercando di capire cosa comporti una simile decisione. Non ancora misurata, mai soppesata, è un’infausta palla da rugby che due squadre avversarie tirano da una parte all’altra dei campi di Westminster, tra le urla della folla in subbuglio. È davvero una decisione di portata epica, uno di quei momenti sismici della storia che potrebbero annullare decenni di calmo idealismo votato a colmare l’abisso morale del passato e prevenire violenze e cataclismi futuri. Dopotutto, l’Unione europea è nata dalle macerie della Seconda guerra mondiale, preservando la pace in Europa per decenni, fatta eccezione per il fallimento non trascurabile della guerra in Bosnia. Un fallimento che deve farci capire che la storia minaccia di farci perdere la testa.
A proposito di perdere la testa, stavo leggendo una poesia di William Butler Yeats, con i suoi versi selvaggi e romantici, il suo amore ossessivo e la politica nazionalista irlandese. Il suo era un tratto imprevedibile e profetico. Nella sua poesia "La seconda venuta”, scritta nel 1919 al concludersi della Prima guerra mondiale, il poet ...[continua]
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