Cari amici,
vi mando poche righe che ho scritto ieri, anche se dopo questo fine settimana mi direte che colleziono manifestazioni. Sarà per nostalgia.
La terza a cui sono andato con Silvia, ieri, è stata quella degli ucraini di Roma a Piazza della Repubblica, che si è poi trasformata in corteo fino ai Fori. Molte le cose che ora non ho il tempo di dire, sugli slogan ad esempio, o sul Padre nostro iniziale recitato in più lingue, ma mi è sembrato valesse la pena di annotare le bandiere che sventolavano sopra la folla. Oltre alle tante gialloblù ucraine, numerose erano anche quelle georgiane (una con le quattro croci inquartate, ma gialla e blu anziché rossa e bianca). Se ne vedevano anche di bielorusse, lituane e rumene, e una con i colori della Bosnia Erzegovina. Un giovanotto reggeva quella dell’Azerbaigian, una ragazza è passata con una piccola bandiera di Taiwan. Due rossonere, mi è stato spiegato, erano di Pravyj Sektor, gruppo di estrema destra (anche paramilitare) ucraino. I due che le portavano, apparentemente, erano soli e isolati. Una signora ucraina alta e severa mi ha fermato per dirmi che sono il giallo e il blu della bandiera nazionale a diventare rosso e nero quando sono coperti di sangue. Alcuni cubani anticastristi agitavano bandiere del loro paese -una era double face, cucita insieme a una bandiera italiana. Con loro sfilava una signora venezuelana: “Castro, Putin, Maduro, tutti dittatori comunisti!”. Di tricolori italiani ce n’erano pochi, di bandiere blu con le dodici stelle solo una, a un balcone in via Cavour. Ho dato una mano -letteralmente- per un po’ a due ragazzi di Amnesty, a cui avanzava un vessillo. C’era il gruppo Martin Buber con le bandiere arcobaleno e la stella di Davide.
Tanti gli ucraini con bandiera, tanti gli italiani senza, tanti gli stranieri. Era senz’altro la più internazionale delle tre manifestazioni che ho collezionato fra sabato e domenica, e di gran lunga la più imponente. A quella di sabato dei centri sociali e dei collettivi dei licei occupati, ai Fori, dominavano le falci e martello di Lotta Comunista, a quella sindacale di piazza Santi Apostoli, sempre sabato, i colori della Cgil. I diretti interessati (gli ucraini) pochi e ai margini in entrambe. Sul palco confederale una curiosa moria di aggettivi: “ritiro di tutte le truppe” (quali?); fine dell’aggressione (di chi?).
Ma più di tutto m’ha colpito il contrasto fra lo slogan scandito dai ragazzi romani (“fuori l’Italia dalla Nato”) e quello gridato, col loro accento un po’ lamentoso, dalle badanti ucraine (ce n’erano a centinaia: la domenica pomeriggio hanno libera uscita): “Nato aiutaci”. Mi ha fatto ricordare le parole di Pasolini all’epoca degli scontri di Valle Giulia.
Roma, 28 febbraio 2022
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Articolo di Umberto Cini
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