Succede, è già successo nella storia, che ci si ritrovi soli. Accade quando sembra che la storia subisca un’accelerazione: una guerra che non abbia un significato solo locale; una rivoluzione e via elencando. Ora, io sono convinto che le accelerazioni siano in larga parte dovute alla contingenza; e che la Storia non sia affatto governata da intrinseche leggi ferree; e si potrebbe discutere perfino della linearità del Tempo. E tuttavia, succede appunto che alcune istanze, conflitti, contraddizioni già presenti si facciano radicali, e così si assista a un repentino cambiamento dei rapporti di forza su scala globale, a cadute di regimi considerati stabili se non eterni, ma anche a un mutamento dell’atmosfera, dei riferimenti culturali e spirituali, a rivolte e potrei continuare a lungo.

Ecco, in circostanze simili ci si può ritrovare soli. È esattamente la situazione, oggi, di molte persone davanti alla guerra in Ucraina, all’ascesa dei populismi (di destra ma anche di sinistra), alla scomparsa dell’idea del futuro. Mi rendo conto che nella frase precedente ho mischiato fatti, tendenze e sensazioni, ma del resto viviamo in un mondo che appare confuso e dove appunto la sintesi (sintesi è un’espressione cara ai progressisti: data la loro fede nella ricomposizione delle contraddizioni) non sembra possibile. Infatti. Agnes Heller, negli ultimi anni parlava della trasformazione della società di classe in una società di massa. In una società di massa (e qui è bene seguire Hannah Arendt) l’essere umano è solo, privo di legami, incapace di essere solidale.

Molte persone sostengono che ciò che manca oggi alla sinistra è un “ancoraggio sociale”. È vero: i lavoratori e gli operai in vari paesi del mondo (non solo in Italia) votano per le destre populiste. Ma, a pensarci bene, è difficile presumere che dopo essersi liberato dal vincolo che lo legava al territorio, il capitale deciderà di tornare indietro di qualche decennio, anzi di  oltre un secolo, per ricostruire in Occidente le città fabbriche (come Torino, Manchester o Lodz in Polonia). Città dove il pensiero e i modi d’azione dei movimenti e dei partiti dei lavoratori non erano tanto frutto delle idee degli intellettuali quanto il risultato dell’incontro di queste idee con i modi di vita dei proletari. Da proletari si viveva negli stessi caseggiati, negli stessi quartieri, si lavorava insieme nella fabbrica, si condividevano le stesse esperienze esistenziali. Un giorno alla mia domanda sulla crisi della sinistra in Occidente, Zygmunt Bauman mi rispose con le parole che ho appena scritto: la sinistra è in crisi perché non ci sono più i modi di vita della classe operaia, così come li abbiamo conosciuti nell’Ottocento e nel Novecento. Bauman parlava da sociologo. A sua volta Heller la filosofa (che con Bauman spesso polemizzava) spiegava che in una società di massa hanno la massima importanza i valori e i linguaggi.

E qui torno al nostro smarrimento (nostro perché condiviso da molti). Il mondo va troppo veloce, molti non ce la fanno a seguire i cambiamenti. Un solo esempio: una volta gli oggetti, gli strumenti che usavamo erano progettati e fatti per durare decenni; oggi invece dopo pochissimi anni diventano obsoleti e spesso abbiamo pure l’impressione della nostra inadeguatezza alle esigenze della tecnica. Ho detto esigenze, in realtà si tratta di potere: di un linguaggio tecnico il cui scopo è mettere in soggezione l’utente diventato suddito. Ecco allora la tentazione (della destra) di “rallentare” il mondo, in modo che torni a essere “semplice” e intellegibile. È una tentazione che fa leva pure su una parte della sinistra. Chiamasi nostalgia. Non ho intenzione di raccontare o descrivere quel sentimento. Il punto è un altro: questo rifugiarsi nelle vecchie ideologie e linguaggi, a sinistra viene spesso scambiato per una forma di resistenza. Non voglio dilungarmi neanche sui linguaggi e sulle ideologie vecchie, dalla nostalgia degli anni di prima della caduta del Muro di Berlino al fascino dell’uomo forte dell’Est: sono palesi in tanti luoghi della comunicazione di massa.  
Ho parlato prima della solitudine. È, brutalmente, la solitudine di molti di noi, persone stupite per la mancata empatia e per il poco interesse (inteso come curiosità) per le cose del mondo, da parte di coloro che sembrano ostaggi di schemi del passato.

E allora non ci resta (a noi che non ci vogliamo riconoscere nei linguaggi del tutto inadeguati alla realtà e non in grado ...[continua]

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