Cari amici,
un tempo le sottili buste di carta marrone che arrivavano nella cassetta della posta sembravano presagire un qualche tipo di richiesta ufficiale, mentre in generale quelle bianche erano più rassicuranti e promettevano qualcosa di più gradevole. Beh, non è più così. Le lettere più temute, le ingiunzioni esattoriali e le richieste di riscossione, possono arrivare via email, sms, telefonata e -credete a me- non lasciano scampo. Finire indebitati nel Regno Unito è come entrare in una condizione di schiavitù claustrofobica. Tanto per cominciare bisogna impiegare molto tempo a gestire tutte queste lettere, telefonate e messaggi di posta elettronica e, a causa della vergogna che si prova nell’essere in debito, è un’attività da svolgere in riservatezza, lontano da sguardi indiscreti e prevalentemente in solitudine.
Sull’immaginario pubblico incombe la tetra presenza della prigione dei debitori di Newgate -non per nulla è lì che ha avuto origine l’indimenticabile motto del signor Micawber, il personaggio di David Copperfield di Charles Dickens: “Reddito annuale di 20 sterline, spesa annuale: 19 sterline, 19 scellini e 6 pence. Risultato: felicità. Reddito annuale di 20 sterline, spesa annuale di 20 sterline e 6 pence. Risultato: miseria”. Motto che, tra gli addetti ai lavori dei servizi finanziari, è noto come “Principio di Micawber”.
Essere in debito equivale a vivere in un costante stato d’ansia, costretti alla continua ricerca di soluzioni per uscirne, sempre sotto pressione. Per alcuni però in questa condizione non c’è vergogna, specie quando è il governo a essere responsabile dell’impennarsi del debito pubblico e del deficit.
Lo scorso gennaio, il debito del settore pubblico britannico rappresentava il 97,7% del Pil nazionale, ovvero 2.685,6 miliardi di sterline. Si tratta del dato più alto dal 1961. Vergogna, dunque, non c’è, ma piuttosto paura, dal momento che questo valore non calerà di certo. L’Office of Budget Responsability [Ufficio per la responsabilità fiscale] prevede un incremento costante dei livelli del debito in un momento in cui l’intero paese arranca anche a causa dell’invecchiamento della popolazione e delle difficoltà per le finanze dovute a fattori geopolitici e al costo del cambiamento climatico -il tutto affiancato all’incremento dei costi energetici, che vanno a sommarsi al nostro specifico problema della bassa produttività. Questo debito nazionale copre come una pesante nube scura la nostra economia e si prepara a sferzare la nostra isola con il peggior tipo immaginabile di pioggia, indiscriminata e spietata.
Essere in debito è come ritrovarsi congelati in una landa desolata. Sono milioni le persone che comprano beni essenziali a credito. Metà di coloro che ricorrono alla consulenza debitoria del Citizen’s Advice Bureau (Cab, Ufficio di consulenza ai cittadini), ente che fornisce sostegno a chi necessita di consigli legali, abitativi e sulle morosità, si trova in situazione di saldo passivo, un numero che è aumentato di un terzo rispetto all’anno scorso. Chi ha un conto in saldo passivo è costretto per sopravvivere ad accumulare debito, senza speranza alcuna di ripianarlo. Una volta che ci si trova in questa condizione è difficile venirne fuori. Secondo il Cab, sono 5 milioni gli inglesi in questa situazione, tra cui 1,5 milioni di bambini, un numero aumentato del 54% dal biennio 2020-2021.
Il primo aprile è noto come giorno del pesce d’aprile. È il giorno degli scherzi, quando anche i notiziari provano a trarre in inganno il loro pubblico dando una notizia inventata e del tutto falsa, a volte senza senso, come la scoperta di “un albero degli spaghetti”. Sfortunatamente, si profila un aumento medio del 5% della Council Tax [Imposta comunale], cui si aggiungerà l’aumento delle tariffe della telefonia mobile e del costo della banda larga, delle cure odontoiatriche e dei prezzi dei biglietti ferroviari -cosa che renderà sempre più difficile andare dal punto A al punto B. Non che l’aumento di questi prezzi sia un fatto nuovo: negli ultimi 12 mesi l’assicurazione dell’auto è quasi raddoppiata e anche il costo dell’autostrada è costantemente in ascesa, senza contare l’aumento incontrollato del costo dei generi alimentari. Ciò che rende più indigesto l’arrivo del 1° aprile è che tutti abbiamo a che fare con l’aumento del costo di beni di cui è impossibile fare a meno ed è difficile non sentirsi sfruttati dall’economia malata in cui la maggioranza di noi vive. Se ci fosse ancora Robin Hood, certo starebbe ancora derubando i ricchi per aiutare i poveri.
Nei negozi del centro cominciano a spuntare soluzioni che attraggono sempre più persone. È la pratica del “compra oggi, paga domani”, per cui si compra a rate. Risparmiarsi gli interessi può sembrare un affare, ma se per qualche motivo salti un pagamento c’è una mora; se proprio non paghi, quell’acquisto diventa una pratica per un’agenzia di riscossione debiti.
Il problema è l’aumento del numero di clienti che ricorrono a questa forma di pagamento. Il Cab dice che un acquirente su sei ormai comprano a rate, e finiscono sempre più nei guai con i pagamenti ma non per comprare divani nuovi o tv, ma generi di uso quotidiano. La Financial Conduct Authority [Autorità sulla condotta finanziaria] non monitorizza questo nuovo mercato -bisognerebbe cambiare la legge, ma il Ministero del Tesoro, ben due anni dopo aver annunciato di voler introdurre delle salvaguardie in merito, non ha ancora fatto nulla a riguardo. La cosa che preoccupa -che poi è ciò di cui beneficiano i venditori “a rate”- è che le persone tendono a spendere sempre di più, e d’altro canto all’atto della sottoscrizione delle rate non ci sono verifiche sulla solvibilità; infine, non c’è continuità nel modo in cui vengono gestite le persone già in difficoltà.
Tutto ciò ha un pessimo impatto sui bambini. Se in una classe mi trovassi di fronte trenta alunni, sarei sicura che almeno nove di loro vivono in povertà. Bambini che non hanno a sufficienza da mangiare, che non hanno vestiario adeguato al clima, senza letti in cui dormire né case dotate di riscaldamento. E il 70% di loro ha comunque un genitore che lavora.
Se solo potessimo ancora vivere rispettando la massima del signor Micawber e restare felici non spendendo oltre le nostre possibilità! Invece, nella seconda metà di quella frase c’è, per alcuni di noi, la consapevolezza che il mero atto di sopravvivere equivale a indebitarsi e accogliere lo stato di miseria che questo comporta.
(traduzione di Stefano Ignone)