Cari amici,
“il difficile con la transessualità è che sento che nel mio caso si tratta di una sorta di realizzazione mentale prima ancora che fisica, mentre era il contrario quando ho realizzato di essere gay. Essere gay è la percezione di un qualcosa”.
Clem, 25 anni, ha intrapreso il processo di transizione dall’identità maschile di nascita a quella femminile con cui vuole vivere. Anche il suo fratello maggiore sta iniziando lo stesso percorso. Ora sono parte in causa di uno dei più accesi e complessi dibattiti in questo paese, che da tempo è oggetto delle battaglie culturali del governo e dell’estrema destra. I diritti delle donne trans -e l’impatto che questi hanno sui diritti delle donne- sono un tema caldo, e spesso finiscono sulle prime pagine dei giornali. Ci sono state molte dispute legali, proteste e scontri. È un tema estremamente intricato, che crea confusione, in cui è facile perdersi, e comunque le voci che si sentono esprimersi in proposito sono raramente quelle delle persone direttamente coinvolte, cioè quelle appartenenti alla comunità trans.
In una recente bozza governativa di linee guida didattiche, volta a impedire l’insegnamento dell’educazione sessuale agli studenti minori di 9 anni, si trova una clausola che vieterebbe l’insegnamento dell’identità di genere in tutte le scuole secondarie, per quanto permarrebbe la possibilità di discutere temi che ricadono sotto le leggi che tutelano l’uguaglianza. Sarebbe a dire che se uno studente desiderasse discutere della propria identità di genere potrebbe farlo, ma l’insegnante sarebbe tenuto a rimarcare che la questione è un tema controverso e che non si può discutere oltre la semplice testimonianza. Si mette così sotto silenzio un eventuale dibattito? Eppure, la normalizzazione delle questioni Lgbtq+ è un’area importantissima per lo sviluppo dei minori, e comincia a popolare i film per giovani adulti, gli show in tv e i libri -per esempio, The boy in the dress di David Williams o Boy2Girl di Terence Blacker.
In cosa consiste l’esperienza di chi attraversa una transizione da un genere all’altro, o di chi vive come individuo “non-binario”? Secondo Clem è diversa per ciascuno. “Alcuni sanno già di essere trans a 3 o 4 anni. Io ho capito di essere gay in un senso più fisico quando avevo 11-12 anni, perché provavo attrazione per i maschi, e già all’epoca avevo sempre saputo di essere più effeminata che mascolina. Ma è stato solo verso i vent’anni che ho cominciato a mettere insieme i pezzi del puzzle di ciò che volevo; non è che volessi diventare donna, ma non mi sentivo a mio agio a vivere da uomo. Volevo respingere quella parte della mia identità, specialmente perché da gay effeminato ero spesso oggetto di prese in giro, così mi ritrovavo a rendermi più mascolina, provavo ad avere una voce più profonda e cose del genere, un qualcosa che un po’ mi è rimasto, e mi dispiace”.
“Era come se avessi un bisogno mentale di resettare tutto ciò, di cambiare e trasformarmi, un bisogno scaturito dal mio essere infelice. Questa voglia di cambiare l’ho vissuta come una forza positiva, anche se è un percorso molto difficile”.
“Sento che questo è il mio principale progetto creativo, al momento. Ho lasciato perdere tutto il resto, è qui che decido della mia vita, è in questa cosa che mi realizzo, anche se riconosco che non ho né una direzione precisa né un obiettivo particolare; essere gay invece ha come obiettivo lo stare con gli uomini, ed è quella la cosa che cerchi perché ti dà soddisfazione”.
“Trovo che la gran parte della pressione cui sono sottoposta sia invisibile, almeno fino a quando non diventa davvero visibile. C’è molto giudizio negli sguardi degli altri, cosa che mi rende paranoica; non è che venga aggredita verbalmente ogni giorno, ma quando questo accade è molto brutto. Certo è un fenomeno che si percepisce”.
Alla domanda di fare un esempio, Clem racconta di quella volta in cui si trovava in un locale e ha così modo di spiegare la sua opinione circa un luogo spesso conteso, e cioè i bagni pubblici.
“Di solito, quando vado nei bagni degli uomini vengo infastidita da uomini o da ragazzini che mi dicono: ‘Guarda che questo è il bagno degli uomini, mica delle ragazze’, e cose del genere, e poi proseguono dicendomi che non dovrei stare lì, mi guardano strano… una volta un uomo aveva cominciato a fare questi discorsi fomentando tutti gli altri che si trovavano al bagno, che così avevano cominciato a guardarmi con insistenza, a prendermi ...[continua]

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