Poi: forse l’Ucraina è persa e se dovesse succedere, saranno in tanti in Europa a tirare un sospiro di sollievo, perché forse calerà il prezzo dell’energia e perché, in fondo, Zelensky era solo un pazzo a non sottomettersi; tutti i paesi dell’ex-blocco sovietico torneranno invece a tribolare. Se poi cade la Nato, così detestata dall’estrema sinistra e dai pacifisti, come, del resto, da Trump, cosa succederà dell’Europa? E poi Taiwan, i curdi, eccetera eccetera. Le reazioni a catena sono partite. Infine Israele è diventato il paese più odiato al mondo, e non per un antisemitismo considerato sempiterno, ma per l’accanimento con cui ha colpito, non solo Hamas, cosa del tutto legittima e giusta, ma tutto il popolo palestinese e per l’ormai evidente volontà di annettersi la Cisgiordania (si veda il video che ci ha mandato da Israele l’amico Jeff Halper su quel che succede là). Allora Israele diventerà in tutto e per tutto un Sudafrica e solo dei pazzi possono pensare che così sarà più al sicuro. La giornata della memoria comunque è distrutta e certamente esiste il rischio che l’odio per una destra israeliana fascista si rivolga contro gli ebrei. Sarebbe orribile. Ci è venuta a cercare una maestra per chiederci se potevamo andare nella sua terza a parlare degli ebrei. Era molto cupa, angosciata. Le abbiamo detto che noi avremmo potuto parlare della persecuzione, ma non a una terza elementare. Lei ovviamente ha condiviso e ha chiesto se conoscevamo qualcuno capace almeno di spiegare ai bambini chi sono gli ebrei. Le abbiamo domandato cos’era successo e ci ha detto che “tre bambine musulmane avevano parlato in classe”. Certamente questo sarà avvenuto nelle elementari di tutto il mondo perché ovunque, eccetto forse che in Israele, sono passate le immagini di quei piccoli fagotti bianchi. è una catastrofe, non solo per Israele, ma per tutti noi che sulla memoria della Shoah volevamo unire l’Europa.
Cos’altro possiamo fare oltre a sperare di sbagliarci a prevedere il peggio? Una rivista con 700 abbonati, per di più di carta? Verrebbe da ridere per non piangere. Però se con i tanti che fanno cose piccole casomai talvolta ci incontrassimo per parlare e scambiarci le idee, allora, forse, un contributo potremmo darlo. Nel messaggio un po’ disperato mandato agli abbonati abbiamo riportato una citazione da una lettera che nel ’47 Nicola Chiaromonte scrisse da New York ad Andrea Caffi: Si parlava del “che fare”. Mi ha colpito Camus insistere sulla necessità di creare una “società nella società”. Uomini legati da una solidarietà materiale spontanea, che conducono una vita semplice e modesta... Sì, questo lo possiamo fare: vivere da socialisti già da ora dando l’esempio. Vittorio Foa, poco tempo prima di morire, ci disse che ormai non c’era altro da fare che dare l’esempio.
Poi, certo, se ce la facciamo economicamente, possiamo continuare a fare la rivista. Per la “politica grande”, possiamo intervistare chi se ne intende più di noi. Qui a seguire, riportiamo le prime riflessioni degli amici di “Dissent”. Quindi continueremo a fare interviste. Su questo ci possiamo impegnare di più. E, a tal proposito, ci piacerebbe molto intervistare quel signore qui a fianco, dal viso dolce e bello. Sulla sua vita e sul perché di quel berretto.
