In “Personaggi e destino”, un saggio pubblicato nel 1945, Giacomo Debenedetti, il critico italiano che più si è dedicato al romanzo novecentesco e alle sue innovazioni, scriveva che nella Repubblica delle Lettere, fra Settecento e Ottocento, si era manifestato un nuovo avvenimento:

L’avvenimento è il romanzo. Il quale prima di tutto è un nuovo metodo di esplorazione dell’uomo, il risultato di un nuovo sentimento che l’uomo ha della propria psicologia. Mentre di certi suoi fatti più specialmente personali, l’uomo dei secoli precedenti aveva preso come confessori la propria coscienza e Dio, da un certo momento in poi sente invece il bisogno, per quegli stessi fatti, di prendere come confessore la società, e come misura le regole e le leggi della convivenza [...]. Durata interiore da una parte, vita attiva e documentaria dall’altra si erano svolte sino allora su due piani distinti, almeno per ciò che riguardava la constatazione e trascrizione letteraria. C’era lo scrittore che si tuffava nella durata, generalmente la propria, ed era un lirico; c’era quello che rendeva conto delle manifestazioni esterne, ed era un epico. Il romanzo scopre il punto di infiltrazione, il segreto camminamento che permette di fare la spola tra l’interno e l’esterno [...] il romanzo lavora sul sentimento reso visibile dal personaggio, e da un personaggio eminentemente sociale.
(in Il romanzo del Novecento, La Nave di Teseo 2019, p. 1)

Con il romanzo, genere letterario centrale nella letteratura moderna, l’io e la società, la psicologia e la vita attiva, si incontrano nella tipicità di personaggi che rendono visibile carattere e destino. Da Cervantes e Defoe sino all’ottocentesca poetica del realismo, il romanzo indaga la storia del rapporto fra eroi letterari, che sfidano la società cercando la propria realizzazione, e le leggi sociali che oppongono la realtà stabilita ai progetti di libertà e felicità del singolo.
Debenedetti è stato il più sensibile e appassionato interprete del romanzo, indagato però nel momento in cui, all’inizio del secolo scorso, l’eroe romanzesco si trasforma, provocando così trasformazioni sorprendenti anche nella struttura narrativa e nelle regole del racconto. Il romanzo che rinasce con il Novecento, dopo aver generato, nel secolo precedente, insuperabili capolavori di realismo psicologico e sociale, è un romanzo da ridefinire. Lo stacco, il salto tra i due secoli è vertiginoso e impone al lettore un’ottica diversa. Si tratta cioè di spiegare come e perché si passa da Balzac e Zola a Proust, da Dickens a Joyce, da Manzoni e Verga a Svevo e Pirandello, da Dostoevskij e Tolstoj a Kafka. Ma per un critico-scrittore, moralmente, socialmente autobiografico come Debenedetti, un tale problema letterario non è esclusivamente letterario. È infatti un problema di esistenza umana, di forma della vita, di destino che impegna e coinvolge ogni individuo nella condizione psicologica e sociale dell’Europa novecentesca. Perciò il presupposto di una filosofia neoidealistica, classicamente ottocentesca come quella di Benedetto Croce non poteva più essere utile per interpretare le varie crisi del nuovo secolo. Il romanzo si presentava di per sé come un eloquente strumento conoscitivo e analitico per capire un umanesimo della crisi. Per leggere il nuovo romanzo c’era perciò bisogno di quelle altrettanto nuove forme di scienza e di pensiero che avevano rivoluzionato la cultura all’inizio del secolo. Questo spiega l’importanza che Debenedetti attribuì alla psicanalisi di Freud, ma anche alla fisica relativistica e quantistica di Einstein, Planck e Heisenberg. Più che essere un critico letterario che elabora e che adotta un metodo letterario di interpretazione e di analisi, Debenedetti è un intellettuale eclettico che si muove liberamente fra sistemi culturali eterogenei, in cerca di concetti innovativi adeguati a indagare forme letterarie e artistiche radicalmente diverse da quelle dominanti nell’Ottocento. Il romanzo del Novecento, titolo del volume postumo che raccoglie le lezioni tenute all’università di Roma dal 1960 a tutto il 1966, è il suo più articolato, esauriente testamento. È un libro su tutto il Novecento, fra cultura letteraria e scienze, fra Europa e Italia. Si era trattato per prima cosa di capire e descrivere l’epica moderna, i cui eroi non erano più Achille o Ulisse, Orlando o Artù, ma Don Chisciotte, Robinson Crusoe e il russo che si confessa. Il romanzo, nell’Ottocento di Stendhal e Balzac, Di ...[continua]

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