“Dopo sei mesi dalla morte di mio fratello 
arrivò una telefonata. Era di un israeliano, 
un ebreo, che mi raccontava di come suo 
figlio fosse stato preso e ucciso da Hamas. Aggiunse che voleva incontrarmi e parlare con me dei nostri cari perduti e del nostro 
futuro. Rimasi stupefatto, non potevo 
crederci: un israeliano a cui noi palestinesi 
avevamo ucciso un figlio voleva parlare 
con me, un palestinese.... Gli risposi che era 
il benvenuto. E così vennero. C’era 
Roni Hirshenson, che aveva perso due 
figli, uno in un attentato e l’altro 
suicidatosi dopo aver perso il miglior 
amico a Gaza... Entrarono a casa nostra, 
si sedettero, e cominciarono a raccontare...     
C’era tutta la mia famiglia, mia madre, 
i miei fratelli, le nostre mogli, e man mano 
che sentivo i loro racconti cominciai 
a piangere: anche tra gli israeliani c’era 
qualcuno che soffriva e che capiva 
la nostra sofferenza”.