Distinzioni primarie sono quelle stabilite da Bobbio fra politica ed economia, fra politica e diritto, fra morale e politica. Il diritto è un prodotto del potere, ma è anche, una volta stabilito, un insieme di norme che delimitano e disciplinano il potere politico e la sua azione. La cultura, a sua volta, in quanto idee, ideologie, teorie e intellettuali, è secondo Bobbio una “forza non politica”, che proprio per questo interessa sia moralmente che politicamente. Si è infatti ripetutamente teorizzato sugli intellettuali come categoria, ceto e loro influenza sulla politica e il suo potere. Tuttavia Bobbio precisa che “parlare degli intellettuali, come se appartenessero a una categoria omogenea e costituissero una massa indistinta, è un’insensatezza”. A una affermazione perentoria come “gli intellettuali tradiscono”, viene subito da domandarsi: “Proprio tutti, e, se non tutti, quali?”. Quell’accusa è quindi evidentemente una generalizzazione polemica che deforma la realtà. Conclude Bobbio:
In qualsiasi modo vengano definite la natura e la funzione dell’intellettuale (definizione che di solito viene data per presupposta) non è possibile darne una definizione così restrittiva che renda plausibile un giudizio di assoluzione o di condanna globale. Tutti innocenti. Tutti colpevoli. Gli intellettuali sono trasformisti. Ma anche, chi pronuncia tale severo verdetto? E non è anche lui un intellettuale? [...] Del resto, vi è una prova irrefutabile della superficialità di queste asserzioni [...]. Gli intellettuali sono da deprecare perché sono sempre “contro”. Ma lo dicono i potenti del giorno. No, gli intellettuali sono da esecrare perché sono conformisti. Ma lo affermano coloro che aspirano a diventare i potenti del futuro. Parlano troppo, sono dei grilli parlanti [...]. No, ma lo dicono coloro che non vogliono compromettersi troppo con le questioni che scottano. Stanno sempre zitti, non si compromettono perché non vogliono scontentare nessuno, ma lo dicono i cercatori di consenso, siano essi degli arrivisti o dei già arrivati. Sono degli incorreggibili e molesti enfants terribles. No, sono i “cani da guardia” del potere costituito. Si potrebbe continuare.
(in Il dubbio e la scelta. Intellettuali e potere nella società contemporanea, La Nuova Italia Scientifica, p. 11)
Il quadro velocemente e ironicamente delineato da Bobbio mi sembra eloquente, se non esauriente. Il fatto è che quando si giudicano gli individui come esemplari di una categoria, è inevitabile che si sbagli. Si definisce un tratto diffuso in un insieme di individui, ma resta da considerare che gli intellettuali sono anche degli individui: anzi, direi che in quanto intellettuali, sono soprattutto degli individui giudicabili come tali. Il titolo del libro in cui si leggono le righe precedenti evoca proprio il momento nel quale l’intellettuale è anzitutto un individuo: il dubbio e la scelta sono infatti individuali, è difficile immaginare un’intera categoria sociologica nell’atto di dubitare e di scegliere. Nel titolo di un libro come Il dubbio e la scelta è presente Bobbio come individuo, certo non come categoria. La responsabilità riguarda comunque la coscienza di un singolo intellettuale, anche nel caso che sociologicamente la sua funzione istituzionale sia condivisa per professione.
Bobbio comunque parla di “intellettuali e classe politica”, di “politica e cultura”, di “intellettuali e potere”, di “intellettuali” tout court e di “grandezza e decadenza dell’ideologia europea” e di “Europa della cultura” nel Ventesim ...[continua]
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