Siamo arrivati a New York: apro il NY Times e trovo le due pagine centrali sul l’ultimo libro di Toni Negri. Forse al centro dell’Impero è tutto immobile come nell’occhio del ciclone e quello che è scritto pare divertente, descrittivo, ma a me sembra poco rilevante. L’impero delle democrazie. Genova succede in Italia.
NY è molto diversa da come la ricordavo e non ho più quel senso di paura che mi attanagliava in certe zone mentre camminavo per strada. Non so se sono io o la città che è cambiata; credo che alcune zone siano diverse, ma il centro è di nuovo lì a portata di gente come noi. La borghesia nera è visibile, benestante, esce da Wall Street e dai negozi; il governo ha tre persone, una giamaicana, un afroamericano ed una donna latina in posizioni chiave come se il ruolo dell’individuo fosse ora sopra le comunità e le discriminazioni. Con Difesa, Esteri e Istruzione non è solo un fiore all’occhiello. La mancanza di discriminazione così palese rende irrilevante ciò che era e che in parte è? Contano meno le razze? Ci sono nuove mescolanze a NY, dall’Est Europa e dal continente indiano: i giornalai, come a Londra, sono indiani o pakistani. Forse questa è la vera globalizzazione: se entro da un giornalaio di NY praticamente so dove sono le caramelle perché anche a Londra sono nello stesso posto. Come quando, da bambina, un giorno mi resi conto che una volta che avessi saputo guidare una macchina, avrei saputo guidarle tutte o quasi, ma che se avessi imparato ad amare una persona non le avrei amate tutte; non ne sono ancora venuta a capo. O come entrare in un grande magazzino di una catena nota in una città sconosciuta e sapere dove troverai le uova o il pane. Già trovavo strano che in Europa ci fosse gente che attraversa il globo per venire a lavare pavimenti, ma lo stesso fenomeno qua avviene a tanti strati-immigrazione, dal povero al ricco. Forse è solo la borghesia che sta un po’ ferma. Il welfare state però richiede un grado di fissità per funzionare: quindi che cosa succede al welfare quando non c’è congruità fra stato, tasse, distribuzione e nazione?
I giornali parlano del passaggio di parecchi servizi ad ambiti religiosi o del volontariato comunitario, un po’ come in Italia. Con un welfare comunitarizzato passeremo da un diritto individuale di cittadinanza al dono ad un membro da parte di una comunità. Allora che doveri ha una comunità? E se appartieni ad una comunità che non si occupa di te, deve intervenire qualcuno? Identità politica non più come accesso ad un diritto del luogo (polis) ma come luogo di formazione dell’identità. I giornali parlano anche del passaggio al volontariato della gestione di alcuni parchi e luoghi di divertimento: saranno ancora più belle le zone benestanti. Da parecchie parti lo spagnolo è la prima lingua e non la seconda, ma non so se qui sia in grado di generare identità come l’inglese americano. Le parole girano, come ‘Nike’, dalla Grecia di Samotracia agli Usa e poi di nuovo in Grecia, dove si comprano le ‘Naike’. Oppure come la parola OK; ma l’identità di una lingua è fatta di gusto come le caramelle che si sciolgono in bocca lentamente.
Mi ricordo un anno fa ad un congresso medico in cui lavoravo come interprete per la prima volta si è presentato un giovane ricercatore della Florida che parlava un inglese stentato anche se era nato e cresciuto negli Usa. Sarà un futuro monolingue o bilingue oppure spezzato come in Canada?
Ho affittato un appartamento molto bello, con le tecnologie degli anni ‘40 -epoca di costruzione- che funzionano ancora. Cosa che noi avremmo sostituito molto tempo fa: forse essendo arrivati in ritardo c’è rimasta la frenesia del consumismo e del ricambio anche quando è irrilevante. Invece le lavatrici dell’epoca funzionano benissimo: robe di prima della guerra, signora mia!
Vado ai musei, incontro amici, uno che non vedevo da anni e che dopo una lunga convivenza (20 anni circa) si sposa: chiedo se lo fa per i genitori, ma sono morti. Fanno due cerimon ...[continua]
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