Debbo subito manifestare il mio profondo imbarazzo nel parlare del cosiddetto olocausto, quello che noi ebrei chiamiamo shoà. Perché il popolo ebraico vede nella parola “olocausto” un tentativo di sacralizzare quello che sacro non è. Anzi, se c’è un momento nella storia umana in cui l’uomo è sceso al materialismo più spinto, un momento in cui si è stati più lontani da Dio, questo è il mondo di Auschwitz. Shoà è un termine ebraico difficile da tradurre, significa qualcosa di spaventoso, di clamoroso, di indescrivibile. E questo è il primo motivo di imbarazzo. Perché non credo che la mente umana sia stata programmata per immaginare qualcosa di così grosso, come quello che è successo nella civile Europa di poco più di cinquant’anni fa. Le nostre forze non sono sufficienti ad entrare in questo universo così spaventoso. Il secondo motivo di imbarazzo è che chi vi parla si sente un sopravvissuto, così come penso si sentano tutti gli ebrei di questa generazione. Ognuno di noi ha la sensazione di essere ancora vivo per un miracolo, per un segno del destino, per una imperscrutabile volontà di Dio. Qualche volta ci fermiamo a domandarci: “ma perché io sono vivo mentre una parte notevole dei miei parenti, degli amici, dei miei consanguinei, dei miei correligionari è stata vittima di una così atroce sofferenza, di una così atroce morte?”.
Oggi c’è in atto un processo che va sotto il nome di revisionismo, per rivedere alla luce di nuovi fatti, di nuove considerazioni, lo sterminio del popolo ebraico messo in atto dal nazismo. Per sminuire il significato di quanto è avvenuto, oppure per metterlo a paragone di altri stermini che purtroppo si sono verificati nel corso della storia dell’uomo, comunque non peggiore di quello perpetrato nel corso della cosiddetta civilizzazione dei popoli dell’America del Sud, o degli stermini dei kmer rossi, degli stalinisti e così via. O peggio ancora, per volerlo negare. Qualcuno sostiene che i campi di sterminio nazisti sia-no stati una bella invenzione degli Ebrei. Che al massimo si sia trattato di campi di raccolta per persone, che poi morivano per il tifo, le pulci, i pidocchi e che il resto sia stata tutta un’invenzione della solita plutocrazia giudaica. E sentir dire che questa cosa non è nemmeno avvenuta è una cosa che a noi sopravvissuti crea una grande sofferenza, una profonda lacerazione. E anche grande preoccupazione perché non c’è soltanto qualche bella mente che inventa queste cose, ma ci sono delle belle menti che ci credono.
Era stato sottolineato proprio all’inizio che la shoà è qualcosa di incommensurabile e incomparabile, lo sterminio per eccellenza. Perché mai è avvenuto nella storia che un popolo abbia deciso, commesso e attuato praticamente, un tipo di sterminio di questo genere, con tanta sistematicità, con tanta scientificità direi. La shoà è diventato il prototipo di tutti gli stermini della storia, ma non ha un termine di paragone con nessun altro episodio avvenuto nella pur millenaria storia di sangue dell’uomo su questo pianeta.
E ci domandiamo: quali sono state le implicazioni, le conseguenze che la shoà ha avuto nella storia attuale? Sono certo che il mondo senza Auschwitz avrebbe preso una piega diversa. C’è chi sottolinea che chi studierà la storia del mondo nei decenni successivi al nostro dovrà creare una cesura: il mondo prima di Auschwitz e il mondo dopo Auschwitz. E’ un punto fermo, negativo, può rappresentare l’abisso al di sotto del quale non si può andare. Ma il mondo senza Auschwitz sarebbe lo stesso? E visto da un’ottica ebraica, cosa saremmo oggi se non ci fosse stata la shoà? La shoà che ha privato il popolo ebraico di più di un terzo dei suoi membri, moltissimi dei quali facenti parti delle comunità ebraiche dell’Europa orientale, sterminate per il 99,9%, comunità che erano molto prestigiose nel campo degli studi, della ricerca e che quindi avrebbero prodotto dei risultati straordinari nel campo della cultura. Che cosa saremmo noi ebrei oggi e quale apporto avremmo potuto dare al mondo se non fossimo stati privati di una parte così notevole dei nostri membri?
Anche i rapporti col mondo arabo sono condizionati da quello che è successo. Ci si domanda quali sarebbero le connotazioni del conflitto che ha diviso lo stato di Israele dal mondo arabo se non ci fosse stato Auschwitz alle spalle degli ebrei, che li ha in qualche modo vaccinati, dando loro una sensibilità che forse non avevano. Pe ...[continua]
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