Una Città n° 305 / 2024
novembre
“Riandando a trent’anni di distanza all’opera del crusader, non trovo di avere alcunché di cui rammaricarmi. Devo riconoscere comunque che sarei stato più saggio se mi fossi mostrato più moderato nella mia critica al sistema giolittiano [...]. Perché mentre noi crusaders italiani attaccavamo Giolitti da sinistra accusandolo di essere un corruttore dell’‘Italian democracy in the making’ -e lo era- altri lo assalivano da destra perché era perfino troppo democratico per i loro gusti. La nostra critica non aiutò così a indirizzare l’evoluzione della vita politica italiana verso forme meno imperfette di democrazia, ma piuttosto verso la vittoria di quei gruppi militaristi, nazionalisti e reazionari che avevano trovato troppo perfetta perfino la democrazia di Giolitti [...]. Se mi fosse possibile ritornare a vivere nell’Italia tra il 1900 e il 1914 con quel tanto di esperienza che ho potuto mettere insieme nei successivi trent’anni, non ometterei nessuna delle mie critiche del sistema giolittiano, ma sarei più indulgente e guarderei con maggior sospetto coloro che si compiacquero delle mie critiche perché volevano guidare l’Italia nella direzione opposta a quella da me prevista”.
(dalla prefazione di Gaetano Salvemini al libro di A. W. Salomone, Italian democracy in the making, 1945)
novembre 2024
Trump è un vero fascista?
di Stephen Eric Bronner
Verso una rinascita del populismo di sinistra
di Michael Kazin
Un partito fuori dal mondo
di Wendy Brown
Wanted
Su Israele e Palestina
di Rimmon Lavi, da Gerusalemme
Declino demografico e prediche inutili
di Paolo Feltrin
Malattia, cura e intelligenza artificiale
L’Ai può aiutare medici e pazienti?
intervista a Carlo Alfredo Clerici
Donna si nasce?
Sulle prospettive del femminismo
con Adriana Cavarero, Olivia Guaraldo, Adriano Sofri e Wlodek Goldkorn
È sempre più difficile nascondersi
Sulle scuole clandestine ucraine
di Katya Alexander
In ricordo di Bianca Beccalli
di Michele Salvati e Daniela Di Carlo
Kracauer e gli impiegati
di Alfonso Berardinelli
Germaine Tillon
di Lucetta Scaraffia
Aldo Capitini
di Matteo Lo Presti
Nervi dei nostri nervi
di Michele Battini
Appunti di viaggio
di Vicky Franzinetti
Chi si prende cura di me?
La demografia dell’assistenza
di Cecilia Tomassini ed Eleonora Meli
Un po’ di sole
di Belona Greenwood
Addio Patrizia
In ricordo di un’amica
La copertina è dedicata allo sgomento, allo sconforto, alla disperazione che ci ha preso dopo il risultato delle elezioni americane. In un mondo nella cui metà regna già il fascismo, rosso nero o verde che sia, nell’altra metà un nuovo fascismo che si dichiara democratico affascina di nuovo la gente comune. Le destre che crescono quasi ovunque mirano ad accentrare i poteri, attaccandone la separazione che è uno dei pilastri portanti della democrazia; sono contro la libertà delle donne, sono omofobe e transfobiche, detestano gli immigrati. I partiti di sinistra sono impotenti, ridotti ad apparati di parlamentari e amministratori di professione, un ceto privilegiato, a volte anche corrotto, comunque lontano dal sociale. Non pochi di coloro che si impegnano a sinistra non sanno più riconoscere il fascismo, non lo vogliono vedere perché continuano a detestare l’America, a considerarla la prima causa di ogni male. In cuor loro forse non sono dispiaciuti della vittoria di Trump perché così cade la maschera dell’odiato Occidente. I giovani di estrema sinistra sono poi impegnati in una nuova rivoluzione, quella, nientemeno, “della natura e della storia”. Pare che la propaganda trumpiana non si sia lasciata sfuggire l’occasione di andare a dire ai quattro venti che i democratici vogliono che si insegni ai ragazzini a scegliere se essere donna o uomo. L’avversione per ogni limite sembra accomunare quei giovani a un oligarca ormai onnipotente come Elon Musk. D’altra parte il liberismo ha fallito miseramente; l’ideologia delle briciole che cadono se i ricchi vanno bene, oltre a essere ignobile in sé, si è rivelata una scemenza: i pochi ricchi sono sempre più ricchi e la povertà si allarga a macchia d’olio. Del resto basta guardare all’andamento dei profitti dell’industria del lusso per capire come va il mondo: la Ferrari con poche migliaia di dipendenti vale in borsa più di aziende che di operai ne hanno diverse decine di migliaia. Eppure nessuno a sinistra si azzarda a colpevolizzare una ricchezza libera da ogni obbligo sociale, per non subire l’accusa, ormai infamante, di essere populisti. I conti con i problemi ambientali, infine, si sono presentati molto in anticipo rispetto al previsto, ma al potere ci vanno i negazionisti.
Poi: forse l’Ucraina è persa e se dovesse succedere, saranno in tanti in Europa a tirare un sospiro di sollievo, perché forse calerà il prezzo dell’energia e perché, in fondo, Zelensky era solo un pazzo a non sottomettersi; tutti i paesi dell’ex-blocco sovietico torneranno invece a tribolare. Se poi cade la Nato, così detestata dall’estrema sinistra e dai pacifisti, come, del resto, da Trump, cosa succederà dell’Europa? E poi Taiwan, i curdi, eccetera eccetera. Le reazioni a catena sono partite. Infine Israele è diventato il paese più odiato al mondo, e non per un antisemitismo considerato sempiterno, ma per l’accanimento con cui ha colpito, non solo Hamas, cosa del tutto legittima e giusta, ma tutto il popolo palestinese e per l’ormai evidente volontà di annettersi la Cisgiordania (si veda il video che ci ha mandato da Israele l’amico Jeff Halper su quel che succede là). Allora Israele diventerà in tutto e per tutto un Sudafrica e solo dei pazzi possono pensare che così sarà più al sicuro. La giornata della memoria comunque è distrutta e certamente esiste il rischio che l’odio per una destra israeliana fascista si rivolga contro gli ebrei. Sarebbe orribile. Ci è venuta a cercare una maestra per chiederci se potevamo andare nella sua terza a parlare degli ebrei. Era molto cupa, angosciata. Le abbiamo detto che noi avremmo potuto parlare della persecuzione, ma non a una terza elementare. Lei ovviamente ha condiviso e ha chiesto se conoscevamo qualcuno capace almeno di spiegare ai bambini chi sono gli ebrei. Le abbiamo domandato cos’era successo e ci ha detto che “tre bambine musulmane avevano parlato in classe”. Certamente questo sarà avvenuto nelle elementari di tutto il mondo perché ovunque, eccetto forse che in Israele, sono passate le immagini di quei piccoli fagotti bianchi. è una catastrofe, non solo per Israele, ma per tutti noi che sulla memoria della Shoah volevamo unire l’Europa.
Cos’altro possiamo fare oltre a sperare di sbagliarci a prevedere il peggio? Una rivista con 700 abbonati, per di più di carta? Verrebbe da ridere per non piangere. Però se con i tanti che fanno cose piccole casomai talvolta ci incontrassimo per parlare e scambiarci le idee, allora, forse, un contributo potremmo darlo. Nel messaggio un po’ disperato mandato agli abbonati abbiamo riportato una citazione da una lettera che nel ’47 Nicola Chiaromonte scrisse da New York ad Andrea Caffi: Si parlava del “che fare”. Mi ha colpito Camus insistere sulla necessità di creare una “società nella società”. Uomini legati da una solidarietà materiale spontanea, che conducono una vita semplice e modesta... Sì, questo lo possiamo fare: vivere da socialisti già da ora dando l’esempio. Vittorio Foa, poco tempo prima di morire, ci disse che ormai non c’era altro da fare che dare l’esempio.
Poi, certo, se ce la facciamo economicamente, possiamo continuare a fare la rivista. Per la “politica grande”, possiamo intervistare chi se ne intende più di noi. Qui a seguire, riportiamo le prime riflessioni degli amici di “Dissent”. Quindi continueremo a fare interviste. Su questo ci possiamo impegnare di più. E, a tal proposito, ci piacerebbe molto intervistare quel signore qui a fianco, dal viso dolce e bello. Sulla sua vita e sul perché di quel berretto.