Domenica 20 gennaio parenti e amici hanno ricordato Lisa Foa nel giorno che sarebbe stato il suo 90esimo compleanno. Ringraziamo Bettina Foa per le lettere e la foto.

Torino 24/09/1939
Mio papalino,
ieri nonostante avessi voglia di fare il mio chilo pomeridiano mollemente sdraiata su una poltrona dello studio con un piacevole libro sotto gli occhi, fui invece costretta a interromperlo a metà e, presi sotto il braccio i poco piacevoli libri, nell’ora più afosa della giornata a percorrere mezza città e, giunta in via Parini 8, a salire ben due piani faticosi di scale e ad entrare in un’aula buia e polverosa e puzzante per di più di vernice fresca.
Cercando di assidermi alla meglio sul legno angoloso dei banchi, scambiai alcune confuse impressioni colle mie compagne intente a sfogliazzare i libri per l’ultima volta e quindi dalla mia sopraelevata tribuna assistetti all’entrata trionfale dei professori: una assorta figura di filosofo lunga e allampanata, dallo sguardo assente, una donnetta saltellante e pestante i piedi che forse veniva dall’avere scorticato un cranio per osservarvi la posizione dell’osso sfenoide e lo sfibramento dei nervi ottici e nasali ed infine un ometto zoppicante, occhi piccoli, naso rivolto all’insù, baffetti simmetrici, mio amato professore di matematica. Pesantemente posarono i loro scartafacci sulla cattedra, si assisero sulle seggiole e... incominciò la carneficina. Quando venne il mio turno, io che avevo assistito al fiasco di una mia compagna spaventata e tremante mentre sul volto dei carnefici (escluso il filosofo) passava un cinico sorriso di superiorità e di disprezzo, mi alzai rumorosamente e rumorosamente mi assisi impugnando con forza la penna: il sorriso di superiorità e di disprezzo scomparve dal volto dei carnefici mentre io invadendo metà del tavolo infilzavo una progressione geometrica. Invano essi cercarono di riprendere superiorità opponendo una ridicola obbiezione. Alfine uniti cercarono di adularmi affermando che avevo tendenza per la matematica. Con un sorriso di inferiorità e di disprezzo mi alzai e mi riversai per le strade in mezzo alla vita cittadina. Tu pure raccontami dei tuoi esami ad ottobre visto che non sei un padre che dice: - ai miei tempi.
Con tanti baci affettuosi tua Lisetta

Roma, 14/10/1990
Cara Bettina, ieri sera, dopo che ci eravamo parlate per telefono con Lisetta, siamo uscite per andare a fare un po’ di shopping e ho trovato la tua lettera del 3-4 ottobre. Certo, che mi rendo conto che la situazione nel vostro pezzetto di mondo è assai seria.
Ed è vero che gli americani e i russi non c’entrano niente. Ma vedi, io ho l’impressione che dopo la grande contesa e il grande confronto in quasi tutte le aree del mondo, e che sono durati molto a lungo, siano rimasti qua e là grossi spezzoni di quel passato della contrapposizione globale, gruppi dirigenti o personaggi che hanno ormai acquisito quell’impronta ideologica - sollecitata anche dal "terzomondismo” europeo - formazioni politico-militari da tempo avvezze ad affrontare e risolvere i problemi per la via più spiccia che è quella delle armi. È stata questa la drammatica eredità, per lo più inattesa, dei movimenti di liberazione che hanno proiettato nel dopo-guerra, nonostante le loro intenzioni "purissime”, un assetto autoritario di partito unico e la propensione a fare comunque la guerra. Vietnam, Mozambico, Angola, Nicaragua sono giunti al termine di quell’esperienza fallimentare. Ma altri ancora ci vogliono provare. E in più oggi c’è il fatto che, di fronte alla distensione Est-Ovest e all’indubbia
vittoria, anche se passivamente ottenuta, del mondo occidentale capitalistico su quello orientale socialista, c’è chi vuole a qualsiasi costo rilanciare una lotta antimperialista, antiamericana o antisionista.
Una parte del mondo arabo è decisamente lanciata su questa strada, anche se l’irakeno è un ricco signore pieno di petrolio e sostiene abusivamente la causa dei diseredati del mondo.
Ma gli errori di Israele gli fanno buon gioco. Per non parlare dei palestinesi che continuano a giocare su tanti tavoli e i cui dirigenti sono dei ricchi uomini d’affare, a cominciare da Arafat. Ci sono poi le trame dell’altro signore del petrolio Gheddafi, che giungono molto lontano. Ti avevo detto della nostra delusione - mia, di Annamaria e di Marcella - nel vedere Museveni ad Harare frequentare quasi esclusivamente Menghistu e Gheddafi. Questi signori, vedendo come è cambiato il quadro internazionale, può darsi che puntino ad accendere il maggior numero possibile di focolai, dovunque possano esistere degli appigli o delle condizioni propizie. E un milione di rwandesi profughi può essere appunto una di quelle. Per questo non penso che quanto succede nel paese delle colline sia un fatto isolato e vada sottovalutato. Ma che possiamo fare? Dopotutto abbiamo contribuito tutti un po’ a creare questa situazione, in particolare la sinistra europea che continua a sostenere Arafat e anche in parte Gheddafi e ha sempre giustificato, quando avveniva nel Terzo Mondo, il ricorso alle armi o ai necklace. Adesso tutti appoggiano Assad perché è schierato bene, anche se si è pappato quasi tutto il Libano. Con tutte le armi che i paesi sviluppati hanno disseminato nel mondo, chissà quanto tempo ancora dureranno queste storie. E d’altra parte il neocolonialismo di cui tu parli non fa che alimentare queste potenziali cause di conflitto.
Sta tranquilla che seguo la situazione, come dici tu, ma in realtà non faccio che comprare Le Monde tutti i giorni e parlarne con le nostre africaniste. Io non ho festeggiato la nuova Germania, come hai fatto tu con la gonna di Assad. Certo, che la Rft è troppo vincente ma cosa poteva fare visto che la Rdt era crollata? Se nella Rdt avessero cominciato a cambiare le cose dopo il primo sciopero del 1953, non sarebbero giunti a quel punto.
Avrò una settimana piena di visite mediche, sedute fisioterapiche, agopunture e applicazioni magnetoterapiche. Che non serviranno a niente, così poi potrò continuare tranquillamente a non curarmi per un po’, senza più essere sgridata da tutti.