Possiamo parlare del rapporto tra Islam e modernizzazione?
Prima di decidere se l’Islam si adatti o meno alla modernità bisogna stabilire cosa intendiamo per essa. Definendola sotto il profilo politico e sociale, secondo me la modernità è prima di tutto lo Stato di diritto, che non è sovrano in sé ma riceve la propria sovranità dalla volontà dei cittadini; è quindi provvisorio e posto sotto il controllo dei cittadini, che sono i soli sovrani nella modernità. Inoltre lo Stato di diritto non ha religione né razza, non riconosce quindi la comunità, l’affinità, l’etnia, ed è utilitario: il cittadino infatti è riconosciuto come individuo secondo i suoi talenti, le sue competenze, la sua capacità di dare. All’interno di questa visione della modernità, è fondamentale il diritto alla libertà individuale e quello degli individui e delle minoranze ad associarsi; diritti garantiti dalla democrazia, presieduta e preceduta da un minimo di principi costituzionali. I cittadini quindi sono liberi di raggrupparsi secondo affinità multiple.
Inoltre, nello Stato di diritto, ognuno ha diritto ad esprimere la propria fede, ma poiché le verità metafisiche non possono essere vere che agli occhi di colui che le professa, nessuno ha il diritto di imporle poiché l’imposizione è una modalità inerente alla dimensione statale e amministrativa, le quali, però, non hanno né religione né verità metafisica; lo stato e l’amministrazione “rispettano”, quindi c’è separazione, distacco, rispetto verso le convinzioni religiose dei cittadini. Fatta questa premessa, ritengo che l’Islam sia una religione che vive nella modernità, un po’ più delle altre religioni -anche se oggi si assiste al contrario- per due motivi. Il primo è costituito dal fatto che l’Islam rifiuta ogni intermediario fra Dio e il credente; non riconosce il clero, il sacerdozio, ma è basato unicamente su delle coscienze liberamente impegnate che mantengono con Dio una relazione individuale, intima e diretta. Il secondo motivo è che l’Islam è una religione che possiede una sola autorità, costituita dal suo corpus testuale; ma un testo non parla né si diffonde da solo, deve necessariamente passare attraverso la comprensione e l’interpretazione umane. Questo significa fare un’opera di relativizzazione perché la nostra comprensione e la nostra intelligenza si nutrono e si sviluppano necessariamente all’interno di un determinato ambito culturale: ad esempio, se sono in Italia interpreterò questo testo, fondatore della mia religione, secondo le preoccupazioni, le aspirazioni, i problemi di un italiano; se sono in Mauritania produrrò, sì, lo stesso testo, ma lo leggerò con gli occhi, gli stati d’animo, i problemi, le attese di un mauro. Quindi, poiché le società, e gli individui che le compongono, sono diverse le une dalle altre, si genera una molteplicità di interpretazioni differenti attorno a un unico testo, che costituiscono la ricchezza dell’Islam -e non una lacerazione- a condizione però che nessuna interpretazione si imponga con la forza sulle altre, altrimenti è l’inizio della deriva. Questa infatti non è più la dimensione della testimonianza della fede ma piuttosto quella del giudizio: non si testimonia più la propria fede, ma si giudica l’altro, lo si condanna e gli si vuole imporre la propria verità. In questo modo si diventa tutori di Dio e non ricercatori di Dio.
Questa sinergia tra un testo atemporale, eterno, e le interpretazioni che attraverso i secoli ne vengono date, aprendo una breccia verso una sua comprensione molto temporale, molto umana, molto relativa, garantisce al Corano e all’Islam un’estrema flessibilità e un’eterna, rinnovabile giovinezza.
Così, è evidente che se siamo abitati dalla modernità diventa fondamentale leggere questo testo adattandolo ad essa. Sfortunatamente quello che sto dicendo è troppo bello, la realtà purtroppo ci mostra il contrario, semplicemente perché l’intelligenza creativa e interpretativa che doveva accompagnare la lettura del Corano ha ristagnato e i musulmani ne hanno sacralizzato le vecchie interpretazioni, impedendone la comprensione e cristallizzando l’Islam in un determinato secolo. Infatti l’interpretazione diffusa che si ha oggi di questa religione, quella che ai nostri occhi appare sclerotizzata ed arcaica, era stata data da e per una società tribale, formata da clan, patriarcale, ...[continua]
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