Massimo La Torre insegna Teoria generale del diritto all’Università di Catanzaro e Filosofia del diritto all’Università di Hull (GB). Fra le sue numerose pubblicazioni di filosofia, teoria politica e del diritto, una delle più recenti è Il giudice, l’avvocato e il concetto di diritto (Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003).

Il tuo studio, piuttosto originale, affronta in modo problematico una questione apparentemente chiara e univoca, e cioè la funzione e la natura dell’avvocato. Vuoi spiegare?
Fondamentalmente, due stimoli mi hanno mosso a fare questo lavoro. Il primo è dovuto all’attualità: io vedo la decadenza della funzione dell’avvocato, che si riflette in cose minime ma anche in cose rilevanti, di cui tutti sappiamo. Mi riferisco in particolare ai grossi processi in cui sono imputati personaggi come, in Italia, il Presidente del Consiglio, cioè processi spesso dilazionati nel tempo, in cui vengono posti tutta una serie di ostacoli. Spesso, tra l’altro, sono processi che hanno come oggetto processi: il processo contro Previti, per esempio, è un processo su un processo, nel senso che ha come oggetto la corruzione del giudice, quindi, in un certo senso, ha come oggetto il ruolo dell’avvocato. L’altra motivazione è più squisitamente teorica: nella filosofia del diritto, e in generale nel pensiero giuridico e nella teoria del diritto, sulla figura e sulla funzione dell’avvocato come parte del processo è stato scritto molto poco, quasi nulla, almeno di recente. Mi incuriosiva allora vedere come una serie di categorie, che in genere sono state applicate al giudice -ad esempio il giusnaturalismo o il realismo giuridico-, funzionassero rispetto all’avvocato. E poi m’interessava riscattare, soprattutto da un punto di vista teorico, se era possibile, la figura dell’avvocato dall’infamia in cui è stata sospinta dalla situazione contingente. E’ una storia vecchia: Shakespeare diceva “Let’s kill all the lawyers”, “Ammazziamo tutti gli avvocati”, che è appunto la conclusione di una serie di considerazioni, di osservazioni, su una realtà tristissima quale era quella degli avvocati del ’500 e del ’600...
La condanna degli avvocati ha certo una storia antica, già Platone se la prendeva con loro. Almeno nel tuo studio, l’avvocato si riscatta?
In effetti la figura del filosofo è stata costruita da Platone in opposizione a quella dell’avvocato. L’avvocato, fin dal suo sorgere nella polis greca, in fondo è un soggetto negativo, è il cosiddetto “contrapposto”, perché è colui che non mira alla verità ma al successo, cioè tende a persuadere, quindi a guadagnarsi in maniera strumentale il consenso degli altri. L’avvocato dell’antica Grecia era incarnato, in maniera paradigmatica, dalla figura del sofista, con cui Platone se la prende acremente. Per Platone il filosofo è quindi l’anti-avvocato, perché là dove il sofista-avvocato cerca solo di convincere, il filosofo cerca la verità valida per tutti. Però, in realtà, la faccenda non è così semplice, perché succede che là dove non c’è l’avvocato, dove ci sono processi in cui non c’è l’avvocato, le cose si complichino: il processo senza avvocato è un forte segnale di illibertà. Oggi a Guantanamo non ci sono processi, non ci sono avvocati. La presenza dell’avvocato poi non è richiesta nei processi inquisitoriali, come durante il regime prussiano di Federico II° o durante il Terrore e via dicendo.
Insomma, l’avvocato è una figura insostituibile in una società giusta?
Sì, perché l’avvocato così come lo conosciamo noi in Italia o in Francia -mentre per la realtà inglese o americana la storia è diversa- è frutto di un processo di rinascita (avvenuto soprattutto in Francia tra la metà e la fine del ’600), della figura dell’avvocato dopo una lunga crisi, rappresentata anche dal nostro personaggio dell’azzeccagarbugli. E’ nella seconda metà del ‘600 che, a quella figura corrotta, viene contrapposta una persona che, in maniera dichiarata, si presenta non solo come difensore di un imputato, ma anche come difensore di diritti fondamentali che riguardano tutti. Il concetto di autogestione, di autonomia, per esempio, nasce negli ordini degli avvocati che cominciano ad autogestirsi per garantire la propria indipendenza rispetto alla pervasiva autorità del giudice.
Questa resistenza, questa autonomia, (è un fatto molto importante) non sono rivendicate solo rispetto al potere politico e al potere dei giudici, ma anche rispetto alla società civile, quindi anche verso la stessa par ...[continua]

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