Pietro La Ciura è direttore della Struttura Complessa di Cure Palliative a indirizzo oncologico dell’Asl 15 di Cuneo.

Siamo in un centro oncologico diurno. Cos’è?
Non abbiamo inventato nulla, facciamo cose che anche altri fanno. Semplicemente pensavamo che il centro dovesse chiamarsi diurno, così come si chiamano tutti i centri non residenziali, quelli, per esempio, che ospitano pazienti psichiatrici, anziani, portatori di handicap. Invece quando si tratta di malattia organica sembra che non possano esserci centri diurni per via del peso sanitario importante della situazione. Un malato di cancro non pensa di avere bisogno di un centro sociale, non deve essere detossicato, non è un alcolista, non è uno psichiatra, è un malato e i malati, per definizione, così almeno si diceva, non hanno bisogno di incontri sociali, ma devono essere seguiti da medici e infermieri e devono fare terapia. Questa resta una convinzione profonda in ognuno di noi. Poi, però, sono venuti gli psicologi e si sono accorti che non era proprio così. Sono arrivate le cure palliative in cui finalmente, metodologicamente, è venuto fuori che l’uomo non è solo corpo e che occorre tener conto di valori, di ruoli, di fattori psicologici, emozionali… Quindi accanto al “peso sanitario” vi è anche un altrettanto importante peso sociale, emozionale, psicologico.
Ecco, noi abbiamo immaginato un luogo in cui oltre a medici e infermieri, ci siano dei volontari, e in cui qualcuno che sa di essere malato possa andare non solo per fare la terapia, ma anche perché là si sente più tranquillo e può trovarci delle persone con cui chiacchierare e trascorrere un po’ del suo tempo.
Certo, è difficile definire un simile luogo che non sta né nel puro sanitario né nel puro sociale, ma in una posizione intermedia. Se dovessi fare un esempio di una struttura “intermedia”, appunto, direi che potrebbe assomigliare a un centro per gli anziani con residenzialità assistita. Ma ancora adesso se un anziano ha bisogno anche solo di fare una flebo, viene ricoverato in day hospital. In realtà si tratta di integrare i due aspetti -sanitario e sociale- quando la complessità della situazione non è tale da aver bisogno di una strumentazione complessa. D’altra parte, perché spendere soldi per strumentazioni complesse, quando non c’è bisogno che di prestazioni semplici? Ed è il caso, questo, dei pazienti cronici, dei malati a fine vita, dei malati in stadio avanzato. (Per inciso: io eviterei di chiamarli terminali, perchè terminale può essere qualsiasi malattia a tempo, io preferisco la definizione di “malato avanzato” per una progressione della malattia. Terminale è una definizione temporale, può essere terminale chiunque).
Quindi il nostro centro oncologico diurno nasce, due anni fa, con queste caratteristiche multidisciplinari. Qui ci sono vari ambulatori e ci sono le sedi del volontariato, qui il malato può venire a fare la flebo ma anche restare una giornata intera e dare sollievo alla famiglia, o perché è preoccupato e vuol incontrare degli amici. Qui vengono ragazzi malati a fare la cyclette, ma anche a giocare a carte, a guardare la televisione e altro, stanno qui fino a che le mamme non li vengono a prendere per riportarli a casa… Ma tutto questo, lo ripeto, siamo riusciti a “farlo passare” con enormi difficoltà.
Da parte di chi?
Degli utenti. Come le dicevo, un malato non è convinto di avere bisogno di questo. Un malato pensa di avere bisogno di medicine. Ma in Inghilterra, dove sono più avanti di noi in questo campo, gli hospice, le home care, dove i malati vanno a fare terapie, ma anche a suonare il piano e a giocare a canasta, il tutto nella stessa struttura, sono una realtà consolidata da tempo.
Può descriverci le caratteristiche del centro diurno?
Parliamo delle informazioni, innanzitutto. Nel nostro centro entrano e escono le informazioni da una parte e dall’altra, sia verso l’assistenza domiciliare che verso l’hospice o l’attività ambulatoriale. Noi prenotiamo gli esami, il paziente esce di qui con tutto in mano, sa cosa deve fare, deve solo passare dal suo medico per farsi fare le impegnative. Ci siamo fatti carico il più possibile degli aspetti burocratici, cercando di alleggerire il paziente che comunque ha tanti problemi. Già questo rende il centro più attrattivo.
Poi organizziamo tutta una serie di attività collaterali. Per esempio proprio in questi giorni stiamo allestendo una piccola libreria. Abbiamo comprato dei testi sulle cure pa ...[continua]

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