Iniziamo dalla storia del quartiere Isola, dalla sua identità...
Francesca Cognetti. Il quartiere Isola si trova in un’area semicentrale della città, possiamo dire sinteticamente che non appartiene né al centro né alla periferia. E’ stato da sempre tagliato fuori dal resto della città dalla ferrovia, una componente fisica molto importante dell’identità del quartiere e che delimitando il quartiere, porta alla Stazione di Porta Garibaldi. Una condizione di separatezza e isolamento dal tessuto urbano vicino che traspare dal nome stesso e che l’ha in qualche modo preservato anche dalle dinamiche di trasformazione urbana che hanno interessato pezzi di città anche molto vicini.
Si pensi per esempio a Corso Como che, situato sull’altra “sponda” della ferrovia, è completamente diverso dal tessuto tipico dell’Isola. Partendo da questa strada, oggi uno dei luoghi più “fashion” della città, percorrendo il sottopasso o il cavalcavia, si arriva al quartiere Isola che conserva la dimensione tipica di un quartiere milanese artigiano ed operaio, caratterizzato dalla presenza delle case di ringhiera e da una struttura che favorisce le relazioni.
Questo è un aspetto molto speciale. Io stessa da quando ho iniziato a frequentare questo luogo quotidianamente sono stata in qualche modo adottata dal quartiere: all’Isola incontro sempre qualcuno che mi saluta, cosa che quasi mai mi succede altrove, neanche sotto casa mia dove abito da trent’anni.
Resta insomma un forte tessuto di relazioni di vicinato, anche se sempre più esposto alle “minacce” che provengono dall’esterno. Negli ultimi anni infatti il quartiere ha preso a trasformarsi velocemente, in particolare a causa di quelle recenti dinamiche di “gentryfication” che portano ad un cambiamento della popolazione e della sua composizione sociale: sono comparsi molti nuovi negozi, soprattutto di giovani “creativi” ed alcuni bar di ottimo livello legati alla musica e noti in tutta la città. Se inizialmente si trattava di un fenomeno “di nicchia”, capace di arricchire il quartiere attraverso un buon equilibrio tra le attività tradizionali e i nuovi arrivati, anche grazie alla loro capacità di integrare “mercato” e “cultura”, successivamente il fenomeno si è fatto più problematico: i prezzi delle case sono schizzati alle stelle e l’Isola è diventato, per così dire, un altro quartiere “alla moda” della città.
Sicuramente in una simile evoluzione si possono intravedere dei rischi, quello più probabile è che l’Isola divenga il Ticinese (altro quartiere storico della città interessato nei decenni precedenti da fenomeni simili) di dopodomani. Fortunatamente, a differenza di altre zone della città interessate da dinamiche simili, la forte dimensione relazionale propria dell’Isola, dovuta alla forma stessa del quartiere (che ricorda quella di un paese con la sua piazza centrale, le vie laterali e una strada “commerciale” con le sue botteghe e negozi), la sua peculiare struttura urbana forse le permetterà di “reggere” alle rapide trasformazioni che la stanno attraversando.
Veniamo alla vostra esperienza. Il nome della vostra associazione, Cantieri Isola, evoca allo stesso tempo la scelta di un impegno concreto e il gusto dell’esperimento...
Francesca. L’esperienza di Cantieri Isola nasce cinque anni fa da una serie di realtà che incominciavano ad interrogarsi sul come rispondere al problema del riutilizzo dell’area Garibaldi-Repubblica, posta nelle immediate vicinanze del quartiere. Si tratta di un problema che grava sul quartiere Isola a partire dagli anni Cinquanta: un grande vuoto urbano oggetto di varie ipotesi urbanistiche. Da sempre il quartiere si è in qualche modo organizzato per contrapporsi ai vari progetti riguardanti l’area interessata, soprattutto perché l’Isola è sempre stata considerata come un “retro” in tutte le molte versioni di questo grande e mai realizzato progetto urbano. Con l’arrivo dell’ennesimo progetto, realtà diverse, alcune interne al quartiere -abitanti, commercianti, associazioni- e altre più esterne -persone che non abitavano nel quartiere, qualche giovane gruppo politico, giovani ricercatori- hanno animato un gruppo composito che si è interrogato sul cosa fare per far emergere un punto di vista del quartiere da contrapporre al megaprogetto dell’amministrazione.
Ci siamo allora chiesti che tipo d’opposizione fare ai piani dell’amministraz ...[continua]
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