Ricorre il centenario della nascita di Arthur Koestler ed è uscita, dal Mulino, la ristampa di Schiuma della terra, la sua autobiografia degli anni di prigionia in Francia. Intanto possiamo dire chi era Koestler, qual è stato il suo tragitto intellettuale e di militante?
Koestler è un rappresentante dell’intellighenzia mitteleuropea, quella che si formò soprattutto dopo la prima guerra mondiale. Vivere la crisi e il crollo dell’impero multinazionale asburgico, per Koestler come per tanti suoi compatrioti e compagni dello stesso ambiente, aveva significato acquisire una visione internazionale dei rapporti tra gli stati, e della direzione in cui stava andando il mondo, che gli permise di sfuggire alle forti tensioni nazionalistiche che presero piede in altri paesi europei prima e dopo la guerra e che caratterizzarono i regimi autoritari e quelli fascisti nel dopoguerra.
Da questo stesso ambiente escono molti intellettuali comunisti. Nel caso di Koestler, essendo ungherese, c’è anche l’impronta della rivoluzione dei consigli di Béla Kun avvenuta all’indomani della guerra, vittoriosa per pochi mesi prima di essere soffocata nel sangue dalle truppe dell’ammiraglio Horthy. Questo sicuramente aveva contribuito al rafforzamento di una visione proiettata genericamente al progressismo.
L’adesione al comunismo di Koestler è abbastanza tardiva, sia per la sua età, ma soprattutto rispetto alle vicende della rivoluzione russa. Koestler entra nel partito comunista nel 1930, quando Stalin ormai ha vinto e -tramontata la possibilità che un diverso modello di socialismo potesse imporsi- inizia la fase più tragica della collettivizzazione forzata e dell’industrializzazione accelerata. Koestler, insomma, aderisce al comunismo l’anno in cui inizia formalmente a esistere il gulag. Questo è al tempo stesso un paradosso e un simbolo della vicenda di Koestler. Ricordiamo che nello stesso momento un personaggio come Silone, che è stato e sarà legato per tanti versi a Koestler, esce dal partito comunista. E’ una fase in cui ci sono state già almeno due o tre generazioni di gruppi di comunisti, sparuti ovviamente, che hanno abbandonato il comunismo.
Il primo abbandono era avvenuto nel 1921 dopo la repressione di Kronstadt, un altro dopo la morte di Lenin, con l’inizio dello stalinismo e la vittoria del triumvirato su Trotzky, fino ad arrivare alla fine degli anni Venti, con l’emergere di una politica anche sociale sempre più dura e in qualche modo ferreamente dittatoriale. E’ proprio in questa fase che invece Koestler aderisce. Ma non è il solo, ovviamente, e questo è il riflesso di un’altra realtà internazionale che vede, dopo la vittoria del fascismo italiano nel 1922, uno sviluppo dei movimenti fascisti tale da portare la Germania e gran parte dell’Europa, durante gli anni Trenta, in una dimensione sempre più autoritaria e dittatoriale. Koestler quindi si inserisce in una dinamica che sembra in controtendenza rispetto ad alcune vicende del rapporto tra gli intellettuali e il movimento comunista internazionale, ma che è invece in profonda sintonia con quella che è l’adesione di molti giovani e meno giovani al comunismo, per reazione al pericolo fascista sempre più incombente. Un po’ più sullo sfondo, nel caso di Koestler, come di molti europei, c’è infine la crisi del capitalismo mondiale iniziato con il crollo di Wall Street del 1929, che fa credere a molti che la pianificazione sovietica possa essere un’alternativa valida per ipotizzare un diverso modello economico sociale, rispetto a una crisi che sembra definitiva e non solo passeggera.
Koestler, essendo un giornalista, inizia subito a lavorare nel campo della propaganda. Questo è un elemento che lo lega a un altro comunista, nei primi anni Trenta estremamente ortodosso, ma che morirà anche lui assas ...[continua]
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