Per commemorare i 40 anni dall’inizio dell’Occupazione, avete lanciato una campagna in grande stile che prevede la ricostruzione di tutte le case palestinesi demolite. Puoi raccontare?
L’Icahd fa parte di una coalizione di gruppi pacifisti israeliani, che svolgono varie attività, all’interno della quale da tempo ci stavamo in qualche modo preparando a questo 40° anniversario. Noi evidentemente volevamo fare qualcosa che avesse a che fare, che enfatizzasse la questione della demolizione delle case.
In realtà tutto è partito da un ebreo ortodosso di New York, un sopravvissuto all’Olocausto, che è entrato in contatto con noi. Lui ha manifestato il suo disagio per il fatto che Israele, che parla a suo nome -essendo lo Stato degli ebrei in qualche modo li rappresenta… Ecco, lui ha detto: “Non mi rappresenta”. In particolare era molto colpito dalla politica di demolizione delle case palestinesi, che a lui ricordava quanto accaduto agli ebrei in Europa. Così ha espresso il desiderio di dare dei soldi affinché venisse ricostruita la casa a tutte le famiglie palestinesi a cui era stata demolita nel corso di quest’anno. A questo scopo ha dato un milione e mezzo di dollari.
Ora, Israele demolisce all’incirca 300 case all’anno. E questo significa che noi possiamo spendere sui 5-6000 dollari per casa. Ovviamente con questi soldi si costruisce una piccola unità, due stanze, un bagno, una cucina, non è molto, ma è funzionale, permette alle famiglie di andare avanti.
Così abbiamo dato inizio a questa campagna, coordinandoci con le altre iniziative per il 40° anniversario dell’Occupazione.
Nel corso di questo lavoro, è emersa una cosa interessante. Abbiamo infatti scoperto che la prima azione dell’Occupazione è stata la demolizione di una casa. Tra il 10 e l’11 luglio 1967, mentre la guerra era ancora in corso, le autorità israeliane arrivarono con i bulldozer e nel mezzo della notte sbalzarono dal letto 137 famiglie, e demolirono le loro case. E’ stato il primo atto dell’Occupazione, perché nulla aveva a che fare con la guerra, né con la sicurezza. Era semplicemente il primo “fatto sul terreno” che Israele metteva in atto per poi appropriarsi e controllare quello spazio. Infatti il tutto avvenne con una tale precipitazione che una signora anziana, bloccata in casa, morì sotto le macerie. Il suo era nome era Hajja Rasmia Tabaki. E’ la prima vittima dell’Occupazione. Tutto questo avvenne nel quartiere Mughrabi (da Maghreb), il quartiere di Gerusalemme accanto al Muro, sorto 700 anni prima. Lo demolirono per fare una piazza. Ecco, noi in qualche modo abbiamo voluto tornare a quel momento, a quel luogo e l’11 giugno siamo andati nel quartiere Mughrabi. Ci sono ancora diverse famiglie nella zona, anche un Mukhtar originario di là. Per quanto spaventati, cercarono di tenere assieme la comunità.
Insomma, nel 40° anniversario della demolizione abbiamo voluto recarci in quel luogo per esprimere la nostra solidarietà a quella gente, per ricordare quel vicinato, la donna uccisa, per accettare pubblicamente le nostre responsabilità, in quanto israeliani, di ciò che fa il nostro governo. Anche allora infatti Israele cercò di giustificare la propria azione in termini difensivi, ossia addossando la colpa sui palestinesi.
In quella sede abbiamo annunciato il lancio di questa campagna: la ricostruzione di tutte le case palestinesi che sono state e verrano demolite quest’anno. Al contempo abbiamo firmato una lettera. Nel 1968, il Consiglio di sicurezza dell’Onu emanò una risoluzione, la 252, che intimava a Israele l’immediata sospensione del processo di unificazione della città, di annessione di Gerusalemme Est.
La risoluzione allora venne accolta all’unanimità con l’eccezione di Stati Uniti e Canada, che si astennero. Ma comunque passò. Per cui abbiamo redatto e sottoscritto questa lettera, palestinesi e israeliani assieme, che abbiamo dato al rappresentante Onu.
Siamo poi scesi in strada, e ci siamo recati nel quartiere musulmano dove la scorsa settimana è stata demolita una casa. E quella è stata la prima casa ricostruita; la casa di una famiglia con 10 bambini… Ora stiamo ricostruendo circa 20 case nell’area del West Bank e di Gerusalemme Est. Tutto questo avviene in aperta opposizione all’Occupazione e in un modo che non può essere ignorato. C’è anche la possibilit ...[continua]
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