Da qualche anno, nell’ambito dell’azione dell’agenzia di sviluppo locale, siete impegnati in un progetto di rivitalizzazione dell’area industriale di Giugliano, un territorio che, tra rifiuti, criminalità e degrado, attraversa un periodo difficile. Potete raccontare?
Tommaso. L’agenzia Liternum è nata con l’obiettivo di riqualificare l’area giuglianese sotto il profilo economico, sociale e ambientale. Un’impresa molto ambiziosa che noi abbiamo interpretato cercando in primo luogo di dare un’immagine diversa del territorio agli occhi di chi ci vive. Le agenzie che si occupano di "marketing territoriale” in genere hanno come scopo quello di attrarre persone da fuori. Per noi, la prima sfida è stata quella di ricreare un clima di fiducia tra chi risiede in questo territorio e in particolare tra tessuto produttivo e istituzioni. Infatti il primo problema è che gli imprenditori si sentono abbandonati dalla pubblica amministrazione, che qui prevalentemente è rappresentata dai Comuni, i quali sono costantemente in balia dell’emergenza, soprattutto di natura sociale e urbanistica.
Per noi poi la scelta della zona industriale era anche strategica per un’azione più ampia. La zona Asi (Area di Sviluppo Industriale) di Giugliano è una delle sette, otto zone industriali della provincia di Napoli, la più piccola, con un gruppo di 50-60 aziende, che ha vissuto sempre un po’ come un’enclave nascosta, cioè distaccata, poco integrata nel resto del tessuto del territorio. Questo territorio condivide con l’altra area a nord di Napoli le caratteristiche di far parte di un distretto della calzatura napoletana abbastanza conosciuto, per quanto la maggior parte delle imprese lavori per conto terzi e siano imprese molto fragili che nascono, muoiono, poi rinascono, si trasformano in continuazione. Altri settori significativi sul piano della produzione sono il legno e arredamento, e l’abbigliamento, distribuiti in piccole imprese diffuse un po’ in tutta la provincia di Napoli.
Proprio qui noi abbiamo voluto provare a impiantare una rete forte. Esisteva già una forma di associazione tra le imprese, ma minima, dovuta semplicemente al fatto che occupando lo stesso terreno in qualche modo dovevano condividere qualcosa, quindi avevano costituito un consorzio, che però viveva periodi di fortuna alterna.
Infatti, fin dai primi contatti, è emerso un tessuto imprenditoriale molto esiguo e sparpagliato, con una scarsa presenza di figure imprenditoriali capaci di trascinare, di unire, di creare quella forza per catalizzare investimenti e per dialogare con la pubblica amministrazione, il Comune e il territorio in generale, anche per difficoltà legate proprio alla disponibilità di spazi, di aree produttive, di una burocrazia difficile, eccetera. Di qui l’idea di confrontarci con altre aree che avevano dovuto affrontare problemi analoghi, in particolare con la zona Asi di Catania dove avevano già sperimentato un percorso di formazione di una rete imprenditoriale, partendo proprio da zero.
E’ stato così che Gennaro, dopo un incontro preliminare, è partito per Catania per fare un periodo di formazione e portare poi qui le pratiche e i percorsi adottati in quella situazione.
Eravamo infatti consapevoli che per costruire una rete c’è bisogno di una persona che si dedichi pressoché esclusivamente a questo tipo di attività.
Gennaro. Anche a Catania l’iniziativa di costruzione di una rete imprenditoriale nasceva da un senso di abbandono da parte delle istituzioni sia pubbliche che private. I problemi poi non erano e non sono diversi da quelli che interessano l’Asi giuglianese: un manto stradale che non permette una circolazione adeguata, problemi di logistica, di illuminazione, di video sorveglianza (parliamo di un’area che comprende 450 aziende tra cui anche alcune multinazionali).
A Catania hanno pensato a una persona, un delegato che vivesse costantemente in area industriale tra le aziende, ascoltando le priorità degli imprenditori. Si tratta di una figura orientata al problem solving, dalla pratica nei confronti degli uffici dell’Asi per il ritardo nell’allacciamento dell’acqua, al lampione rotto che resta lì un mese. Queste piccole cose che però ...[continua]
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