Pur avendo fatto campagna per il sì, tu avanzi delle riserve sul contenuto dei quesiti relativi all’acqua.
Intanto sgombriamo il campo da un equivoco: l’acqua in Italia è ed è sempre stata pubblica. In questo paese non esiste acqua privata. Tutte le leggi, dal regio decreto del ‘27 a oggi, sanciscono che l’acqua è pubblica. Le infrastrutture che riguardano la captazione, l’adduzione, la rete di distribuzione, la fognatura di raccolta delle acque usate e la depurazione, e che costituiscono il cosiddetto ciclo idrico integrato, sono anch’esse pubbliche. Ai recenti referendum noi quindi siamo andati a votare non per l’acqua pubblica, ma per la "gestione” del servizio idrico integrato, che il referendum, con la vittoria del sì, ha ricondotto completamente al pubblico. Inoltre siamo stati chiamati a esprimerci sulla tariffa. Nello specifico, con il referendum si è abrogata quella parte della legge che prevedeva che l’investitore privato dovesse guadagnarci, trarci profitto. Per quanto mi riguarda, io non solo ho votato sì, mi sono anche mobilitato, rendendomi però subito conto che i quesiti referendari affrontavano il tema dell’acqua in maniera limitata e parziale e soprattutto in termini che non considerano in alcun modo né l’ecologia né i punti che riguardano la crisi dell’acqua nella nostra epoca e che vanno affrontati urgentemente. Io personalmente sono per una gestione pubblica, ma -preciso subito- non di questo pubblico. Bisogna infatti subito chiarire che oggi in Italia "gestione pubblica” è sinonimo di gestione in mano ai partiti. È scandaloso il livello di aggressione e pervasività dei partiti all’interno di organismi come gli Enti acquedottistici (ma anche quelli che si occupano del ciclo dei rifiuti, o dell’amministrazione di Parchi) che, anziché essere gestiti da persone competenti, ingegneri che hanno studiato, che conoscono l’argomento, esperti appassionati e cultori della materia, sono in mano a funzionari di partito da ricollocare o da "pensionati” della politica, del sindacato, della Lega delle cooperative, per quanto riguarda la sinistra, e pensionati o incompetenti di altro tipo per la destra. Va pertanto detto in maniera molto chiara che noi registriamo episodi di pessima -o addirittura tragica- gestione sia nel pubblico che nel privato. Per esempio, qui in Abruzzo, dove la gestione è in mano ai partiti in maniera molto salda, almeno 300.000 persone nell’area metropolitana Chieti-Pescara hanno bevuto per oltre dieci anni acqua con contaminanti chimici. Contaminanti che vengono da discariche abusive, scoperte nel 2007 nell’area di Bussi sul Tirino, dove c’è un polo chimico da oltre un secolo. Il "pubblico” che gestisce l’acqua se n’era accorto, ma dato che attraverso le diluizioni rientravano nei limiti fissati dalla legge, hanno continuato a propinarci quell’acqua. Ora, è vero che i valori erano entro la soglia della potabilità, però potevano darci acque pure, invece hanno preferito darci acque contaminate. Senza dirci niente per dodici anni. Probabilmente un privato sarebbe stato cacciato a pedate. Invece nel pubblico sono tutti inamovibili. Per questo dico che sono per la gestione pubblica dell’acqua ma non per questo pubblico qui. Tra l’altro, mi stupisce che non si parli abbastanza dell’unica vera privatizzazione che io conosca, che è il business delle acque minerali. Pagano cifre irrisorie di concessione, prendono le sorgenti più pregiate e, senza criterio, si mettono a vendere acque del Sud al Nord, acque delle Alpi in Sicilia... Senza logica e con sperpero di energia e produzione di rifiuti inammissibile. Ma il referendum di questo non parla...
Tu dici che bisognerebbe parlare più propriamente di "governo” e non di mera "gestione”...
Io credo ci sia un equivoco terminologico. Quello che occorre, secondo me, è il "governo pubblico” dell’acqua, che è una cosa estremamente diversa dalla gestione.
Laddove ci fosse un governo pubblico molto forte e autorevole, con capacità di fissazione di obiettivi nella gestione e di verifica, alla fine a me non disturberebbe che la gestione fosse in mano anche al privato.
Anche perché se va male, lo cambi. Prova a cambiare il pubblico!
Il governo significa che -a prescindere da chi gestisca- i ...[continua]
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