Da tempo sostieni che la minaccia di cui dobbiamo maggiormente preoccuparci non è tanto e solo la questione dei limiti delle risorse non rinnovabili e dell’inquinamento, bensì la limitatezza delle “cose buone”. Possiamo partire da qui?
Noi abbiamo sempre pensato che le minacce all’umanità venissero dal nemico esterno, con molte virgolette, e quindi dalle sostanze xenobiotiche, gli inquinanti ad azione tossica, le sostanze come gli interferenti endocrini che possono danneggiare la biologia umana. Invece stiamo vedendo che le minacce probabilmente più gravi e più difficilmente gestibili sono quelle che derivano dalle sostanze non xenobiotiche, ma di cui siamo fatti. Il caso del fosforo è emblematico. Ma partiamo dall’inizio: noi possiamo dire che la vita, come macro componenti, si basa sostanzialmente sul carbonio. Il carbonio è al primo posto, al secondo posto c’è l’azoto, al terzo il fosforo, molto approssimativamente presenti nelle proporzioni cento, dieci, uno. Ebbene, gli scompensi relativi ai cicli di queste sostanze fondamentali per la vita stanno procurando una crisi sia negli ecosistemi che nei viventi. Pensate un po’ al carbonio. Noi scontiamo un impoverimento del suolo per carenza di carbonio. La desertificazione non a caso si misura attraverso il tasso di carbonio. Al contempo immettiamo un eccesso di carbonio, sotto forma di anidride carbonica, nell’aria; è una cosa sconvolgente quello che abbiamo combinato in termini di emissioni. Il risultato è che la terra muore di fame, mentre l’aria, l’atmosfera, muore di indigestione. Di qui la crisi climatica con tutto quello che ne consegue.
Discorso analogo vale per l’azoto: i nostri metaboliti azotati finiscono nelle acque; poi c’è il dilavamento dell’azoto che spargiamo nei suoli agricoli (tutto di origine chimica) e quello degli allevamenti industriali che, complessivamente, provocano un arricchimento veramente eccessivo di questa sostanza nelle acque. L’eccesso di azoto e di fosforo in Adriatico hanno comportato che, a partire dall’autunno 1969 (a Milano Marittima), fino a metà degli anni Ottanta, migliaia di chilometri quadri di fondali litorali marini sono stati progressivamente interessati da eutrofia, vale a dire da un eccesso di nutrienti azotati. Il tutto mentre noi sottraevamo azoto alla terra.
La stessa cosa succede con il fosforo: da una parte noi buttiamo, attraverso i nostri metaboliti e quelli degli allevamenti intensivi, il fosforo nelle fognature, nei mari, e dall’altra lo sottraiamo alla terra.
Perché accade tutto questo? Perché con l’industrializzazione dell’agricoltura, per quanto riguarda azoto e fosforo, abbiamo potuto sopperire con le miniere e con la chimica industriale.
Perché tra i tre elementi è il fosforo quello cruciale?
Perché è quello a concentrazione minore, è il cosiddetto fattore limitante. Possiamo dire che l’ecologia è governata da due leggi fondamentali (Liebig e Shelford), in base alle quali le sostanze fondamentali negli ecosistemi (ma anche per quanto riguarda gli organismi), non devono scendere al di sotto dei limiti di disponibilità minimi (limiti inferiori) e al contempo non devono eccedere un massimo (limite superiore). La legge di Liebig, o legge del minimo ci dice che tra le sostanze utili alla vita, anzi che compongono la vita, quella che si trova a concentrazioni minori è quella che limita tutto.
Faccio un esempio molto concreto: se devo fare una torta e ho bisogno di farina, uova, acqua e lievito, il lievito è il fattore limitante, anche se ce ne servono pochi grammi: se non ho quel minimo di concentrazione, la torta non si fa; posso avere anche camionate di farina o uova. Negli ecosistemi è la stessa cosa. Tant’è che la crisi dell’Adriatico ha provocato una lotta contro il fosforo dei detersivi che ci ha portato a una sua progressiva riduzione.
Oggi l’agricoltura, proprio per non avere un fattore limitante nel fosforo, utilizza quello dei concimi chimici in vendita. Questo fosforo deriva dalla fosforite, un mine ...[continua]
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