Negli ultimi vent’anni, tutte le leggi che l’Italia ha varato sull’ambiente, da quella rivoluzionaria sull’acqua ai rifiuti e all’inquinamento, vengono da direttive europee che il nostro paese ha recepito sempre facendo resistenza e riducendo a mera esecuzione burocratica l’invito a far partecipare le popolazioni; l’attuale pericolo di un’ondata retrograda, ma anche la buona notizia sulla nascita di movimenti di resistenza su scala europea. Intervista a Giovanni Damiani.
Giovanni Damiani, biologo, è esperto in ecologia ambientale. È stato uno dei leader regionali e nazionali dei Verdi. Già consigliere regionale e assessore all’ambiente della Regione Abruzzo, è stato direttore generale dell’Anpa (Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente, oggi Ispra), componente della commissione nazionale per le Valutazioni dell’impatto ambientale al ministero dell’ambiente e direttore tecnico dell’Arta (Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente).
Vorremmo parlare con te di Europa e ambiente. Già nell’ultima intervista ci ricordavi come la legge quadro europea sull’acqua fosse stata rivoluzionaria.
La direttiva europea risale a 18 anni fa. Per la prima volta l’Unione europea, e la legge italiana di recepimento, sanciva che la qualità dell’acqua va misurata in base alla quantità e allo stato di salute delle popolazioni che ci vivono e non in base ai suoi potenziali usi. Inoltre, prevedeva il raggiungimento dello status di "sufficiente” entro il 31 dicembre del 2008 per le situazioni più inquinate, e il "buono stato” entro il 31 dicembre del 2015. Purtroppo ora hanno spostato il termine al 2027, e corre voce che su pressione di ben 19 stati dell’Ue, si possa spostarlo ulteriormente al 2045. Il che significa che io non lo vedrò! Insomma, significa delegare il risanamento delle acque alle prossime generazioni.
Purtroppo, in nome della crisi, stiamo assistendo a un’ondata reazionaria. L’ambiente non è più all’ordine del giorno, rischiamo di rimangiarci tutte le conquiste di anni e anni.
Il passato invece è caratterizzato da cose molto positive: l’Europa sull’ambiente ha fatto tantissimo per questo nostro paese.
Partiamo dai rifiuti. La prima legge italiana sui rifiuti, la 915 del 1982 deriva da due direttive europee. Prima di quella legge l’intero ciclo dei rifiuti era incontrollato, la stragrande maggioranza delle discariche stava vicino ai corsi d’acqua, aspettando una piena che ne asportasse una parte, in maniera di far spazio a nuovi rifiuti. In mare, in quel periodo, dopo ogni piena, trovavi disseminazioni infinite di plastica, di rifiuti non degradabili di tutti i tipi.
I fiumi erano imbandierati da decine di migliaia di sacchetti di plastica e potevi vedere da questo triste sbandierio il livello raggiunto dall’acqua durante la piena. Tutto questo oggi non c’è più. Anzi, dopo la 915, le successive direttive, trasformate in legge, hanno imposto la riduzione per quanto possibile dei rifiuti, quindi il recupero con la raccolta differenziata, ecc., ecc.
Potremmo parlare anche della Valutazione di impatto ambientale (Via), che ha rappresentato una svolta incredibile. Anche questa ci è stata imposta dalle direttive europee, così come la Vas; la Via riguarda le opere, mentre la Vas (Valutazione ambientale strategica) è un processo di valutazione integrata e partecipata dei possibili impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale di piani o programmi.
Uno degli aspetti qualificanti di queste direttive europee è l’enfasi sull’informazione e sulla partecipazione del pubblico, un invito che il nostro paese ha recepito molto poco...
Purtroppo da noi quest’obbligo si è risolto in maniera molto burocratica pubblicando una manchette sui principali giornali: "Intendiamo fare questo…”.
In realtà, la Via prevedeva ben altro tipo di discussione pubblica con le popolazioni interessate all’opera. La Vas addirittura sanciva che il piano e il programma dovevano nascere da una consultazione pubblica.
Un’altra direttiva importantissima è la Ippc, Integrated Pollution Prevention and Control. Questa direttiva è stupenda perché ha un approccio integrato e tiene conto della localizzazione geografica e delle condizioni ambientali locali. In pratica, quando devi fare un’opera, a seconda del luogo in cui ti trovi, io ti posso imporre, in sede autorizzativa, scale diverse di cautele. Quindi si fa il censimento di quali sono le Bat (best available tecnhologies), dopodiché, se sei in un centro abitato, dovrai adottare le tecnologie più avanzate; se stai più lontano potrai utilizzare anche metodologie meno sofisticate.
Questo ha costituito un progres
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