Marco Riciputi, 35 anni, vive a Russi, in provincia di Ravenna. Ha un blog: linEa

Ho fatto ragioneria, poi Scienze Politiche, ma non mi sono ancora laureato, devo discutere la tesi. Mentre ero all’università sono stato eletto in consiglio comunale a Russi per il Pri. Mi avevano proposto di candidarmi perché la mia famiglia è di tradizione repubblicana. Era il 1999, avevo 24 anni. In realtà i miei non sono molto appassionati di politica, lo erano i nonni.
Era il periodo in cui i partiti cercavano dei giovani, volti nuovi da candidare. Io mi sono buttato. Dopo cinque anni c’ho messo una pietra sopra. Devi avere voglia di polemizzare su tutto, di scaldarti anche su cose di cui non sai niente: dagli scarichi fognari fino all’invasione degli extraterrestri. Il tuo lavoro è quello: parlare. Comunque era impegnativo. Ero presidente della commissione urbanistica, quindi fra le sedute in consiglio, le sedute prima del consiglio, quelle nel gruppo di maggioranza, quelle ristrette nel Pri, le assemblee, gli eventi pubblici a cui tu comunque, se sei una carica pubblica, devi andare, alla fine facevo centoventi, centotrenta riunioni all’anno. Dopo cinque anni ho detto basta.
Poi ho iniziato a fare attività politica con il Movimento federalista europeo. Era, più che altro, un impegno ideale. All’inizio volevo farci anche la tesi, per cui mi ero letto tutto Altiero Spinelli, Giulio Einaudi, Lionel Robbins, Lord Lothian... avevo tutta la biblioteca federalista. Già studiando all’università mi ero appassionato al Manifesto di Ventotene e all’europeismo. Nel corso di un’iniziativa scoprii che c’era un gruppo dell’Mfe anche qui in zona e chiesi loro di iscrivermi.Mi piaceva l’apertura internazionale, la possibilità di entrare in contatto con ragazzi stranieri. Magari adesso sembra stupido, ma io non avevo mai viaggiato tanto: allora non c’erano le chat o cose simili e quindi il fatto di partecipare a qualche seminario con ragazzi tedeschi o inglesi era entusiasmante. Sono ancora iscritto, però l’impegno grosso è durato sei, sette anni.
Non mi sono invece mai avvicinato a movimenti come quello dei no-global: li ho sempre visti troppo orientati solo sulla protesta, troppo "sopra le righe”. Mi sentivo più vicino ad approcci laici, improntati al dialogo, al confronto, al dubbio, al pensare con la propria testa, senza grossi colpi di testa. Comunque ho lasciato la politica senza rimpianti.
 A livello locale convincere le persone a fare qualcosa è complicatissimo. Ammiro chi ne è capace. Per quanto mi riguarda, prendo atto che mi hanno fatto segretario dell’Mfe senza risultati, mi hanno inserito nel comitato di gemellaggio senza risultati, sono stato consigliere comunale e anche lì... Non sono tagliato per queste organizzazioni in cui bisognerebbe motivare gli altri...
Quando ho motivato me stesso ho già fatto Bingo!

Cosa faccio nella vita? Direi che sono "diversamente occupato”. Da tre, quattro anni, svolgo una serie di lavori stagionali. Da metà gennaio a fine giugno faccio il fiscalista alla Uil. Faccio dalle otto all’una o dall’una alle otto e poi il sabato mattina. Luglio e agosto di solito sono libero. Gli ultimi anni li ho trascorsi all’estero, un anno a studiare il tedesco a Berlino, un altro, sempre a Berlino, a fare uno stage per OpenDemocracy. Era tutto lavoro di backoffice, avrei potuto farlo anche a casa mia. Poi da settembre a fine ottobre faccio l’operaio in una cantina vinicola con turni da dodici ore, di notte, dal lunedì al sabato.
A conti fatti, tra i due lavori, il giornale e la disoccupazione porto a casa circa 17.000 euro all’anno. Sì, ho la disoccupazione, perché questi lavori, per quanto precari, prevedono contratti vecchia maniera e quindi c’è qualche forma di protezione. Di solito mi arriva un assegno a febbraio per l’anno prima.
Nel tempo in cui non lavoro, dal 2009, faccio il giornalista, scrivo per un quotidiano locale. Sto cercando di diventare pubblicista. All’inizio non ero neanche sicuro di riuscirci perché bisogna guadagnare mille euro all’anno per due anni consecutivi e, prendendo tre euro e mezzo ad articolo, non è facile. Sono 280 articoli all’anno. Bisogna organizzarsi, comunque sono soddisfatto: quest’anno, anche nei mesi in cui lavoravo alla cantina, sono riuscito a fare circa trenta articoli al mese. All’inizio è complicato, ma quando inizi a scrivere su più piazze, un po’ le notizie ti vengono a cercare, e poi impari che certi eventi si sviluppano in un certo modo ...[continua]

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