Daniela Colagrande, dopo aver vissuto in vari paesi, si è trasferita in Olanda dal 2019.

Dalla Puglia all’Olanda. Puoi raccontare?
Sono di Bari, dove mi sono laureata con una tesi in Diagnostica e Conservazione ai Beni Culturali. L’arte è stata una passione fin da quando ero piccola. Mi ricordo che da ragazzina, in una delle visite a Roma con i miei genitori, sono rimasta colpita dai quadri del Caravaggio e da quel momento ho provato ad avere l’arte sempre presente nella mia vita. Finito il liceo mi sono iscritta a un corso di laurea nell’ambito dei Beni Culturali, che era stato appena avviato a Bari, per diventare diagnosta, una figura professionale che lavora insieme al restauratore per fare analisi scientifiche sulle opere d’arte. Dopo la laurea ho partecipato e vinto un concorso europeo e mi sono trasferita a Vienna per il Progetto Leonardo (progetto che permette di migliorare le proprie competenze lavorative tramite tirocini formativi pagati). Dopo i tre mesi previsti, ho ricevuto una proposta per un contratto di lavoro di un anno e ho iniziato a lavorare nell’edificio dell’Accademia delle Belle Arti per l’Istituto di Scienze Applicate all’Arte; in pratica facevo quello per cui ho studiato e in cui mi sono formata. Conservo un bellissimo ricordo di quella esperienza. Ogni lunedì -giorno di chiusura della Accademia- ci portavano le opere dalla Galleria al laboratorio e facevamo le analisi. Alla fine del contratto però ho deciso di lasciare la città visto che i fondi del progetto erano finiti. Nello stesso periodo, il mio compagno, che è biologo e si occupa di cannabis farmaceutica, ha avuto anche lui diverse esperienze lavorative in Olanda e in Svizzera. Nel 2014 abbiamo deciso di fare dei passi nella stessa direzione, ci siamo sposati e, nel 2017, è arrivato il trasferimento in California, anche perché lui aveva un visto lavorativo. Considerando tutti questi trasferimenti, continuare la carriera nell’ambito scientifico-artistico era per me, purtroppo, molto complicato; in ogni spostamento c’era una prima fase di orientamento da superare, perché ogni nazione ha strutture e regole diversi, quindi lavorare in quel settore diventava sempre più difficile.
Come nasce la tua attività ad Amsterdam?
Quando vivevo in California ho iniziato a pensare, per una serie di motivi, al cambio di carriera e, avendo un po’ più di tempo ho iniziato a mettere giù qualche idea. Il cibo è sempre stato una mia grande passione; ovunque io abbia vissuto ho sempre cucinato, preparato panzerotti per gli amici e di conseguenza ho iniziato a pensare di farlo in una maniera un pochino più professionale.
Durante un breve soggiorno in Italia, ho iniziato il mio percorso gastronomico lavorando per un catering di Bari, fino a quando, nel luglio del 2019, mio marito e io abbiamo deciso di ritrasferirci definitivamente in Olanda, dove avevamo vissuto brevemente nel 2012, ma mantenuto degli amici e anche un pezzo di cuore. Ho cominciato a lavorare in un ristorante per cinque giorni a settimana fino al 2020, quando è arrivata la pandemia. In quel frangente Luigi, mio marito, continuava a lavorare tutti i giorni in quanto impiegato in ambito medico. All’inizio, come tanti in quel periodo, ero un po’ stordita da tutta la situazione, ma è stato quello il momento in cui ho realizzato che forse al ristorante non ci avrei potuto lavorare per sempre e dunque ho pensato che cucinare per gli altri, come avevo sempre fatto per gli amici, poteva diventare un’opportunità.
È avvenuto tutto rapidamente. Durante l’estate 2019, pre-Covid, andavamo spesso lungo i canali con gli amici a fare i picnic, che qui è una cosa abbastanza comune; notavo però che la maggior parte delle persone prima di arrivare al parco passava al supermercato a comprare cibo già pronto, cibo di qualità abbastanza bassa, a mio parere. Ricordo di aver pensato: “Se solo potessi far assaggiare i taralli... O il capocollo... O il caciocavallo...”. Insomma, ho pensato a questa cosa quasi per pura necessità personale fino a quando poi, durante le ore passate a casa in lockdown, dopo aver ottenuto le licenze necessarie, ho contattato i produttori, comprato la bicicletta e cominciato con delle box aperitivo composte da salumi, formaggi, taralli, olive, hummus di legumi, ecc. Ho iniziato così. Dal maggio 2021 porto cibo pugliese in giro per la città di Amsterdam.
I prodotti li acquisto direttamente dai produttori e me li faccio spedire dalla Puglia. Il famoso “pacco da giù” ...[continua]

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