Avete da poco presentato il Rapporto del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale. Può spiegarci in che stato versa oggi il nostro sistema pensionistico?
Come nucleo di valutazione abbiamo fatto il monitoraggio e il controllo sugli ultimi bilanci consolidati che sono 2009-2010.
Diciamo che la situazione non è né disastrosa né rosea. Chi afferma che l’Inps ha un bilancio in forte attivo dice una cosa non corretta. In realtà la situazione del 2010 è che tra i contributi versati da noi tutti e dalla produzione e le prestazioni erogate c’è un disavanzo di 13 miliardi di euro. Nello specifico, le spese per pensioni (senza la quota assistenziale) sono circa 198 miliardi e i contributi sono circa 185 miliardi. I 13 miliardi non sono una cifra enorme per un sistema che nel totale eroga più di 230 miliardi, però rappresentano un certo passivo, soprattutto considerando che è crescente nel tempo perché passiamo dai due miliardi di qualche anno fa ad addirittura una situazione di pareggio di qualche anno prima.
C’è poi la quota di denaro che il governo ogni anno trasferisce all’Inps per la Gias, la gestione degli interventi di tipo assistenziale. Per il 2010 parliamo di 33 miliardi che, sommati ai 13, fanno 46 miliardi.
Ecco, quando noi ci lamentiamo per le tasse alte, dobbiamo ricordare che quello che non pagano i contributi deve essere pagato dalla fiscalità generale. Allora, la prima osservazione è che è vero che le pensioni non sono alte, però è altrettanto vero che noi per le pensioni spendiamo tanto. E non è finita qui. Perché poi ci sono le pensioni e gli assegni sociali, le pensioni di guerra (che ammontano a circa un miliardo e trecento milioni) e poi ci sono tutte le pensioncine di invalidità (circa 240 euro a testa) e gli accompagnamenti. Tutto questo costa ulteriori 22 miliardi e mezzo. Insomma, alla fine per mandare avanti questo baraccone che costa circa 260 miliardi l’anno, dalla fiscalità generale, da chi paga le tasse dobbiamo tirar fuori quasi 70 miliardi. Che è una cifra molto grossa.
A volte si sente dire che c’è un problema di redistribuzione. In realtà se prendiamo il bilancio 2010, che prevede una spesa totale, compresa di interessi sul debito pubblico, per 807 miliardi, vediamo che circa 410 sono pura redistribuzione in pensioni, assistenza e sanità. Dopodiché, dobbiamo tenere conto che ci sono circa 130 miliardi per i dipendenti pubblici, altri 130-140 per la macchina pubblica (per pagare le utenze, gli affitti, la carta, eccetera) e circa 80-85 per il debito pubblico. Quindi, come vede, più redistribuita di così...
Diceva che noi spendiamo molto in previdenza. Quanto incide sul Pil la nostra spesa pensionistica?
Negli ultimi 7-8 anni noi ci siano mantenuti su un’incidenza del 13,5%. Va anche detto che in questo 13,5% noi abbiamo circa 21 miliardi, che sono le integrazioni al minimo e le maggiorazioni sociali, che per esempio la Germania considera come aiuti alla famiglia, mentre noi le consideriamo pensioni.
Ci sono poi gli assegni ai nuclei familiari che vengono dati ai pensionati poco abbienti. Tutto questo all’incirca porta a due punti percentuali. Se togliessimo dal 13,5% questi due punti di Pil, saremmo a 11,5, che è la media europea.
Quello che comunque mi sembra importante sottolineare, e che ho ribadito anche in Commissione lavoro, è che in questa indagine abbiamo diviso l’assistenza dalla previdenza, nel senso che quella spesa è ancora tutta nel capitolo pensioni ma noi sappiamo esattamente quanto spendiamo per quella voce.
Tornando al discorso dell’incidenza, è chiaro che se il denominatore, cioè il Pil, non cresce, la percentuale aumenta e infatti noi abbiamo assegnato per il 2010 uno sbalzo al 15% di incidenza e prevediamo di chiudere il 2011 con un 15,2%. Purtroppo il 2012 non è un bell’anno e il terremoto delle scorse settimane rischia di avere un impatto molto negativo.
Nelle scorse settimane si è sentito parlare dei sette milioni di persone che ricevono una pensione inferiore ai mille euro al mese...
Ecco, bisognerebbe però spiegare che parliamo di sette milioni di contribuenti che giunti a 65 anni di età non sono riusciti in una vita ...[continua]
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