Fabrizio Tonello è docente di Scienza politica presso l’università di Padova. Ha insegnato alla University of Pittsburgh e fatto ricerca alla Columbia University, oltre che in Italia (alla Sissa di Trieste, all’università di Bologna).

Allora, si ritorna alla normalità?
Non ci sarà nessun ritorno alla normalità, se non altro perché all’inizio di giugno c’erano sei milioni di casi confermati e quattrocentomila morti a livello mondiale. Gli Usa sono di gran lunga i più colpiti, 120mila morti, e anche se questo è un risultato della politica criminale dell’amministrazione Trump nelle prime settimane, secondo le previsioni degli stessi medici americani il conto finale (dove finale in ­realtà non vuol dire granché, perché vengono contati solamente quelli che sono stati testati, ma poi ci sono le morti silenziose, delle persone isolate, che muoiono di polmonite piuttosto che di qualche complicazione, e che non vengono calcolate) solo negli Stati Uniti sarà di oltre duecentomila morti, una cifra superiore a quella di tutte le guerre combattute dal paese dal 1776 ad oggi.
Gran Bretagna e Brasile sono ugualmente molto colpiti, hanno superato l’Italia nel numero di casi e decessi. Dell’Italia sappiamo tutto. Per il momento la Cina sembra invece avere la situazione sotto controllo. Poi c’è il fatto che, di fronte a un virus estremamente contagioso, non sappiamo cosa fare, perché in realtà tutti i casi che sono stati registrati fino a ora sono stati curati con dei palliativi, con degli esperimenti, con delle medicine esistenti per altre malattie come la malaria. Sono tentativi. Quello che fino a oggi ha frenato la diffusione del virus sono le misure di quarantena più o meno drastiche, le stesse, cioè, che venivano usate nella grande peste di Londra tre secoli e mezzo fa. La quarantena è uno strumento efficace, ma ha i suoi limiti; limiti molto evidenti in un modello economico e sociale costruito invece sul contatto, la velocità, lo scambio, l’intensificazione degli spostamenti, la distruzione di habitat naturali. Quindi in realtà il “dopo” significherà convivere con il Covid-19.
Si legge che l’epidemia ha un suo ciclo di vita…
Sì, tutte le epidemie nella storia grosso modo finiscono, ma questa fine significa semplicemente che tornano nelle loro nicchie ecologiche: la malaria, la febbre gialla e perfino la peste da qualche parte esistono. Non è nemmeno sicuro che l’unica malattia dichiarata estinta dall’Oms, cioè il vaiolo, sia effettivamente del tutto scomparsa. Comunque sarebbe una tra migliaia, tutte le altre sono lì, in attesa del salto di specie: tutte le grandi epidemie della storia sono zoonosi, cioè provocate dal passaggio di virus da animali all’uomo. Avremo pertanto una lunga fase di convivenza con questo virus, di cui sappiamo essenzialmente due cose, e cioè che è altamente contagioso per via aerea e poi che, fortunatamente, ha un tasso di mortalità relativamente basso, se comparato ad altre forme epidemiche. Il colera e la peste sono molto violenti, come del resto la febbre gialla.
Una breve parentesi storica: nell’isola di Santo Domingo, che ora è divisa in due, fra Haiti e la Repubblica Dominicana, nel 1791 ci fu il primo caso di ribellione di schiavi delle piantagioni contro il dominio coloniale, in quel caso francese. C’è un bellissimo libro di C.L.R. James sulla storia affascinante dei cosiddetti giacobini neri, guidati da un leader carismatico, Toussaint L’Ouverture. Dopo aver preso il potere a Parigi, Napoleone tentò di riconquistare Santo Domingo per reintrodurre la schiavitù, ma dopo tre anni di combattimenti, ma soprattutto di febbre gialla, le truppe francesi furono ritirate, Santo Domingo restò indipendente e prese il nome di Haiti. La febbre gialla aveva sconfitto, direi sterminato, una spedizione militare napoleonica che contava decine di migliaia di soldati e marinai. Il comandante di questa spedizione, il generale Leclerc, cognato di Napoleone, morì anche lui sull’isola, nell’autunno 1802.
Le epidemie nella storia hanno sempre avuto un’influenza decisiva, lo sappiamo almeno dal celebre libro di William McNeill Armi, acciaio e malattie. Ovviamente continueranno ad averlo: è una curiosa perversione del pensiero quella di dare per scontato che l’Homo sapiens possa dominare il mondo, visto che restiamo un tipo di mammifero di media taglia, piuttosto fragile, che si ammala facilmente, che una puntura di zanzara portatrice della malaria può spedire all’altro mondo.
Quindi, se dobb ...[continua]

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