Attraverso alcune opere del Whitney Museum di New York proponi un percorso lungo la storia degli Stati Uniti vista come una storia del conflitto sociale...
La storia degli Stati Uniti è la storia di una lotta secolare tra oligarchia e democrazia, tra potere del denaro e potere della cittadinanza, fra élite e popolo.
Un tema rimasto in secondo piano nella storia degli Stati Uniti è che la straordinaria espansione economica post guerra e secessione, cioè quella iniziata nel 1865 e durata fino all’ingresso in guerra degli Stati Uniti cinquant’anni dopo, nel 1917, ribattezzata da Mark Twain la “Gilded Age”, l’età dorata, ha prodotto degli arricchimenti estremi, i famosi Carnegie, Rockefeller, J. P. Morgan, e quindi necessariamente enormi disuguaglianze sociali. Questo è un fenomeno interessante sotto vari aspetti, uno dei quali è il fatto che oggi siamo in una periodo simile: fasi di rivoluzioni tecnologiche molto rapide permettono degli arricchimenti altrettanto rapidi. Questo oggi sta avvenendo su una scala enormemente più grande, producendo i nuovi oligarchi come Musk, Bezos, Zuckerberg.
L’altra cosa interessante è che sia allora che oggi registriamo un livello di repressione nei confronti dei lavoratori estremamente violento. Nell’ultimo terzo del XIX secolo ci furono battaglie campali, come quella del 1892 tra gli operai delle acciaierie di Pittsburgh in sciopero contro i tagli al salario e la milizia padronale, i Pinkerton che volevano cacciarli dalla fabbrica: ci fu un prolungato conflitto a fuoco con anche dei morti. Nel 1894 lo sciopero dei ferrovieri a Chicago venne stroncato dalle truppe federali. Difficile non pensare alla Guardia Nazionale e ai settecento marines che oggi Trump ha mandato a Los Angeles.
Tra l’altro ha agito senza il consenso del governatore della California...
Anche in quel caso il governatore non era d’accordo. All’epoca, il governatore di origine tedesca dell’Illinois, John Peter Altgeld sosteneva gli scioperanti e invece il presidente democratico Grover Cleveland mandò le truppe federali con il pretesto di garantire la regolarità del servizio postale. Ma poi ci sono tutti i casi successivi alla rivoluzione russa del 1917 che provoca conseguenze a catena. Scatta subito una repressione estremamente violenta, soprattutto nei confronti di un sindacato militante, l’International Workers of the World; i suoi membri vengono letteralmente cacciati, imprigionati, a volte assassinati o deportati senza troppi complimenti. Dopo cinque mesi di regime Trump, l’impressione è che il presente stia cominciando ad assomigliare un po’ troppo a quella fase della storia americana, fra il 1880 e il 1920.
Un altro tema che attraversa i secoli è quello del razzismo. Mi ha colpito l’opera dal titolo “Le cose non stanno cambiando abbastanza in fretta”, che fa il verso alla canzone di Bob Dylan.
Qui posso raccontare un aneddoto. Due opere tra quelle citate nel testo non sono state riprodotte nel libro perché non abbiamo avuto l’autorizzazione del museo.
Una è al centro del capitolo iniziale dedicato alla storia del cotone. È l’opera di un artista afroamericano, Cameron Rowland; si tratta di un’antica bilancia trasformata in opera d’arte per sottolineare la continuità dell’America di oggi con le piantagioni di cotone e lo schiavismo. La seconda opera di cui pure non abbiamo avuto l’autorizzazione ha come tema le fosse comuni scavate in un’isola sull’East River nel corso dell’epidemia di Covid-19, durante il primo mandato di Trump.
Fino al 2021 erano i detenuti della vicina prigione di Rikers Island a scavare le fosse, sotto la sorveglianza di guardie armate. Ora, queste due opere sono sul sito del museo e chiunque si colleghi le può tranquillamente vedere, quindi non si capisce quale possa essere la ragione per negare l’autorizzazione di riprodurle in un libro pubblicato al di là dell’Atlantico, se non il clima di terrore che l’amministrazione Trump sta cercando di instaurare, in particolare contro le minoranze etniche.
Alcuni tratti distintivi della politica di Trum ...[continua]
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