Peter Osten, fuggito in giovane età dalla Ddr, ha studiato giurisprudenza a Friburgo, Nizza e Mannheim ed è diventato giudice al Tribunale Amministrativo  di Karlsruhe. Dopo la riunificazione è tornato a vivere nella sua città, Wernigerode, dove fa parte del Consiglio di Arbitraggio dei Verdi della Sassonia-Anhalt.

Il movimento “Verde” si è fortemente sviluppato in Germania negli ultimi anni. È stato un fenomeno nuovo, difficile da classificare nella dimensione destra-sinistra. Questo è stato un punto di forza o di debolezza del nuovo movimento?
Credo che questo sia stato più che altro un punto di forza. Dopo che i partiti tradizionali non sono stati in grado di fornire risposte convincenti alle sfide ecologiche, erano necessarie una nuova prospettiva e una nuova visione. È vero che nei primi anni ci sono state molte controversie. Alcuni attivisti erano radicalmente di sinistra, mentre altri, che presto lasciarono il partito e fondarono il Partito Democratico Ecologico (Ödp) nel 1982, provenivano da uno spettro più conservatore e di destra.
I Verdi discutono ancora oggi. Lo considerano positivo, lo organizzano in modo ordinato e lo chiamano “cultura del dibattito”.
Come hanno reagito i vecchi partiti tradizionali (Cdu, Spd, Fdp)?
Inizialmente in modo sprezzante. Si cercava di prendere in giro i nuovi parlamentari, spesso basandosi sulle apparenze esteriori, come l’abbigliamento, la maglieria e le calzature: le tanto criticate scarpe da ginnastica che Joschka Fischer indossava al momento del giuramento come Ministro dell’Ambiente dell’Assia nel dicembre 1985 sono entrate nel museo.
In questo contesto, d’altra parte, va ricordato che Willy Brandt aveva già chiesto, nella campagna elettorale del 1961, che la gente potesse tornare a vedere “il cielo blu sopra la Ruhr”, guadagnandosi inizialmente solo il ridicolo.
Dieci anni dopo, nel 1971, quando i Verdi non esistevano ancora, l’allora ancora liberale Partito Democratico Libero (Fdp) scrisse nel suo programma di partito: “La protezione dell’ambiente dovrebbe avere la precedenza sulla ricerca del profitto e del guadagno personale”. Negli anni Ottanta, la Spd aveva un politico ambientalista impegnato, Erhard Eppler, che però non riuscì a far valere le sue posizioni all’interno del suo partito. La Cdu aveva il suo deputato federale e presidente temporaneo dell’organizzazione ambientalista Bund Herbert Gruhl, che aveva partecipato attivamente alla fondazione del Partito Verde nel 1980 e successivamente aveva fondato l’Ödp.
Quali opportunità e ostacoli hanno favorito o ostacolato lo sviluppo transnazionale del movimento?
Le elezioni dirette al Parlamento europeo, a partire dal 1979, sono state certamente un fattore chiave che ha favorito la creazione di una rete di contatti in Europa tra i Verdi e le altre famiglie di partiti. Inoltre, i Verdi sono stati reclutati da un ambiente borghese aperto e istruito che si considerava cosmopolita.
A parte questo, ho conosciuto molti attivisti federalisti che hanno partecipato alla fondazione dei Giovani Federalisti Europei all’inizio degli anni Settanta, sia quando sono stati fondati i Verdi tedeschi a Karlsruhe nel 1980, per esempio Petra Kelly, sia quando ho contribuito alla fondazione del Europäischer Dachverband für Verkehr und Umwelt (Federazione europea per l’ambiente e i trasporti) nei primi anni Novanta, per esempio Paul Beekmans e Romain Molitor.
Nuovi partiti populisti di destra che sono emersi in tutta Europa hanno anche preso alcuni tratti anticapitalisti dai Verdi o no? Perché il partito di destra radicale Afd è più forte nei Paesi dell’Est? La cultura politica tedesca del dopoguerra ha sufficienti antidoti per impedirne la diffusione?
I Verdi hanno coltivato un discorso anticapitalista nella loro fase di fondazione, ma non così tanto oggi. Nemmeno Sahra Wagenknecht, che è stata etichettata come “stalinista”, e il suo movimento lo fanno, ma fanno invece riferimento al ministro dell’Economia del governo  Adenauer, Ludwig Erhard, e alla sua “economia sociale di mercato”.
L’Afd, in origine, sotto la  leadership di Bernd Lucke, economista ed ex membro della Cdu, era un partito di destra, sostenitore di un’economia liberale, che rifiutava una moneta europea e voleva mantenere il marco tedesco come valuta. Oggi l’Afd polemizza contro una “élite globale senza patria”. Il fatto che trovi ascolto soprattutto nell’Est è certamente legato anche all’esperienza traumatizzante che molti tedeschi dell’Es ...[continua]

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