Luca, quarantenne, laureato in Storia Contemporanea alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università "La Sapienza” di Roma, è autore del documentario del 2010 sulla figura di Ezio Tarantelli, "La forza delle idee”.
Vorrei partire da te, quando avevi 13 anni, e i ricordi che hai di tuo padre; chi era Ezio per il figlio Luca?
Partiamo da una premessa: il giorno in cui è morto mio padre ho avuto un processo di rimozione. La prima cosa che ho pensato quando mia madre mi ha detto che mio padre era morto è stata: "Le nostre vite devono andare avanti”. Per sopravvivere ho dovuto rimuovere e allontanare il dolore e il lutto e questo deve aver provocato un sistema di repressione anche delle sensazioni e delle emozioni del presente. Negli anni successivi quasi non mi ricordavo il suo volto, la sua voce. Ho affrontato però col tempo questo processo di rimozione, anche mettendomi di fronte alla figura pubblica di Ezio Tarantelli: mio papà era una persona impegnata, che lavorava tantissimo, estremamente appassionata del suo lavoro, un educatore che sapeva combinare il gioco, l’inventiva anche con la disciplina. Questo suo tratto del carattere l’ho visto anche da come si comportava con me, per esempio quando dovevo fare i compiti, nel modo con cui cercava di spronarmi a migliorare. Nel poco tempo che ho avuto modo di conoscerlo, ricordo che, nonostante i suoi numerosi impegni, lui c’era: quando giocavamo a pallone o passeggiavamo al mare a Sabaudia, o insieme nel bosco; in quelle occasioni discuteva con me. Quando c’era, era una presenza forte per la mia crescita.
Cosa ha significato per te andare alla ricerca di scritti e testimonianze di persone che lo hanno visto da vicino, anche dal punto di vista professionale?
Compiendo questa ricerca, ho pensato di restituire giustizia alla sua figura. Per ricordarlo pensavo fosse importante riportarlo a 360 gradi, come intellettuale e come persona. Non volevo quindi fare solo un racconto intimo e personale, ma lo volevo inserire all’interno di una narrazione storica, in quanto Ezio Tarantelli ha fatto parte della storia di questo paese. Ritenevo, quindi, fosse importante soffermarsi sulla sua figura pubblica, inserita nel contesto della sua epoca, e non limitarmi al solo racconto personalistico e intimo.
Perché, a tuo parere, l’opera svolta da Ezio Tarantelli non è stata elaborata compiutamente da chi, allora, era al vertice delle istituzioni? Il decreto di San Valentino del 14 febbraio 1984 sul taglio dei punti di contingenza di scala mobile, varato dal Governo Craxi, frutto parziale dell’elaborazione di tuo padre, e la successiva mobilitazione della Cgil ha rappresentato uno spartiacque, anche nel creare una situazione di "pericolo” nei suoi confronti?
Questa domanda ha due risposte diverse per me: bisogna capire cosa è successo nel sistema delle relazioni industriali a partire soprattutto dalla questione della scala mobile. L’unificazione del punto unico di contingenza, stabilito dal protocollo Lama-Agnelli dal 1975, ha finito per assumere un fortissimo valore simbolico di conquista per il movimento operaio. Mio papà e il suo maestro Franco Modigliani si resero subito conto che il meccanismo inaugurato con il protocollo sulla scala mobile avrebbe provocato un’inflazione crescente pesando sulle possibilità di crescita e occupazione del Paese. L’idea che escogitò, quella della predeterminazione degli scatti di scala mobile, non intaccava la scala mobile, ma cercava di riformare il meccanismo di indicizzazione automatica dei salari. In secondo luogo ha pesato il clima politico di allora, intendo la situazione politica dopo la solidarietà nazionale del 1978, anno del sequestro Moro, rispetto all’elaborazione che Tarantelli aveva dato di un tema di scottante attualità allora, come appunto la riforma della scala mobile.
Infatti, proprio questo tema è al centro del duello tra i due leade ...[continua]
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