Marco Ventura è professore di Diritto e religione nelle Università di Lovanio e di Siena. È in uscita, per Einaudi, Creduli e credenti. Il declino di Stato e Chiesa come questione di fede.

La Corte suprema del Regno Unito a dicembre ha riconosciuto il matrimonio celebrato da Scientology. Cosa sta succedendo?
Scientology è interessante perché è una sorta di test su due fronti. Da un lato sulla capacità inclusiva del diritto delle religioni, dei meccanismi attraverso i quali lo stato riconosce la libertà delle confessioni religiose ed eventualmente ne premia l’attività. Dall’altro, Scientology è un caso estremo rispetto al fenomeno religioso, a come si configurano le religioni. Nel senso che la grande disputa se Scientology sia o meno una religione è certamente una disputa giuridica, perché gli stati hanno bisogno di saperlo al fine di determinare in quale casella giuridica collocarlo, che statuto giuridico riconoscergli. Ma naturalmente il quesito giuridico rivela una domanda più generale, che è: come faccio io oggi a definire ciò che è religione e ciò che non lo è? Prima ancora che giuridicamente, da un punto di vista socio-religioso-politico. Scientology è allora l’esperimento attraverso il quale in laboratorio si cerca di capire come si definisce la religione oggi.
Comunque la dimensione giuridica è molto importante perché oggi le religioni cercano un riconoscimento legale che è funzionale al riconoscimento socio-politico. È una dinamica complessa: talvolta il riconoscimento giuridico arriva in fondo a un percorso di affermazione socio-politica, però è a sua volta il punto di partenza per un ulteriore sviluppo; un riconoscimento giuridico, inoltre, si colloca in un punto della storia di un gruppo religioso dal punto di vista dell’organizzazione di quel gruppo, quindi nasconde sempre tensioni e interrogativi interni al gruppo. In qualche modo la questione giuridica è rivelatrice di questa dinamica. Ma è anche un grande alibi, nel senso che molto spesso le confessioni religiose -anche Scientology- scaricano su una tensione con lo Stato, con la magistratura, con l’amministrazione fiscale, incertezze e conflitti interni che non vengono affrontati o a cui si dà risposta spostando il conflitto verso l’esterno.
Per Scientology, ad esempio, c’è il problema del rapporto con i transfughi, l’opacità delle dinamiche interne, ecc. Io però sostengo che il fatto che tutto si concentri sulla questione del tribunale invece che sulla realtà dell’esperienza sia funzionale sia ai nemici che agli amici di Scientology. Per i nemici di Scientology, infatti, ammettere che possa esserci per qualcuno un’esperienza spirituale così strutturata è un pugno nello stomaco. Qualcuno si potrebbe chiedere: ma la differenza tra certi gruppi cattolici e Scientology in fondo dov’è? Oppure prenderne atto: "Ragazzi, è questa la religione oggi”. Sono questioni infinitamente scomode per chi è contro. Ma per Scientology stessa è preferibile identificare un nemico esterno anziché provare a sciogliere i nodi interni.
La questione se sia una religione o meno, ovviamente non è un mero formalismo perché vuol dire decidere se Scientology ha diritto o no alle stesse esenzioni fiscali delle altre religioni, ad esempio. Una sentenza recente del Tribunale d’appello olandese riconosce la piena parità delle attività di Scientology con quelle delle altre associazioni religiose. Scientology ha dunque diritto a essere riconosciuto come un ente religioso? Finora il governo italiano ha risposto di no.
In Francia, addirittura, ci sono stati casi penali: attività che Scientology ritiene religiose, a pagamento, sono state configurate dai tribunali come truffa. Sul presupposto, fondamentalmente, che la persona che paga per quei servizi non è messa in condizione di capire di cosa si tratta, perché vittima di un lavaggio del cervello.
Questo è un presupposto molto precario, giuridicamente, perché allora bisognerebbe essere conseguenti con tutte le attività religiose per le quali in un modo o nell’altro c’è un corrispettivo. A meno che non mi si voglia far credere che tutta la differenza sta nel fatto che un’attività sia fatturata o meno. Qual è la differenza con una decima pagata alla comunità musulmana o ebraica, o con un’offerta deducibile fatta alla Cei? Non credo che la differenza la facciano i termini del pagamento.
Infatti, la vera differenza, per i tribunali francesi, sta nella presenza di una manipolazione mentale. In Francia c’è un orga ...[continua]

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