Michael Kazin, professore di storia alla Georgetown University, già direttore della rivista “Dissent”; è autore, tra gli altri, di What It Took to Win. A History of the Democratic Party, Farrar, Straus and Giroux, 2022.

Puoi parlarci della campagna elettorale di Zohran Mamdani: quali sono stati i suoi punti di forza e di debolezza?
I suoi principali punti di forza sono stati la sua personalità: un giovane carismatico, che sembrava amare davvero fare la campagna elettorale in tutta la città, tra elettori che la pensavano come lui e tra quelli che non la pensavano come lui. Ha fatto in modo che tutti sapessero che il suo messaggio era quello di rendere la città “accessibile” per i lavoratori e per la classe media e ha sostenuto questa idea con proposte concrete, come il blocco degli affitti, la gratuità dei trasporti in autobus, e altre misure. È apparso come una figura fresca ed energica, sinceramente intenzionata a realizzare cambiamenti necessari, piuttosto che come un politico interessato solo a vincere.
Le sue principali debolezze sono state due: la sua posizione antisionista, che ha spaventato molti elettori ebrei (anche se ha comunque ottenuto i voti della maggior parte degli ebrei con posizioni progressiste su Israele e, più in generale, sulla politica statunitense); e la sua scarsa esperienza politica (era stato eletto soltanto come deputato statale), che ha portato alcuni elettori a credere che non sarebbe stato in grado di governare efficacemente la più grande città della nazione.
In un articolo del “New York Times” è stato evocato il “Sewer socialism” per spiegare l’approccio anche molto pragmatico, riformista, di Mamdani.
Il termine fu coniato nel 1932 dal socialista Morris Hillquit (che si era anche candidato a sindaco di New York nel 1917, ottenendo il 22% dei voti) per indicare i socialisti che avevano avuto successo in città come Milwaukee, mettendo da parte le dispute ideologiche per dedicarsi invece a migliorare, ad esempio, il sistema fognario o costruire parchi, sostenere i sindacati e promuovere altre riforme che potessero convincere, con i fatti, che una forma più umana di capitalismo era possibile. In sostanza, erano socialdemocratici -anche se questo termine non ha mai attecchito davvero negli Stati Uniti.
Mamdani parla della necessità di una trasformazione socialista della società americana, ma il suo approccio, finora, è in linea con quello dei “socialisti delle fognature” del passato. 
Come è stato interpretato questo risultato all’interno dell’agenda democratica, sapendo che New York non è l’America?
Con la conquista della carica più importante che un socialista americano abbia mai ottenuto, Mamdani si è fatto conoscere in tutto il Paese, per cui i giornalisti ora si sentono in diritto di chiedere ad altri esponenti democratici se lo sostengono o meno. D’altra parte, anche democratici più moderati, come le due donne elette alla carica di governatore in New Jersey e in Virginia, hanno posto il problema dell’accessibilità economica al centro delle loro campagne. Con gli americani ancora scontenti per l’inflazione, era una scelta quasi obbligata.
Detto questo, la maggior parte degli americani continua ad avere un atteggiamento negativo verso la parola “socialismo” (che poi sappiano cosa sia davvero e cosa sia stato è un’altra questione), quindi sarebbe molto difficile per altri socialisti vincere in distretti o Stati che non siano progressisti come New York (o Seattle, dove un’altra candidata socialista ha vinto di poco lo scorso 4 novembre). Ma i democratici non torneranno a prevalere a livello nazionale se non riusciranno a mantenere vivo l’entusiasmo dei giovani progressisti, entusiasti di Mamdani, e allo stesso tempo a presentare candidati che evitino posizioni che la maggior parte degli elettori degli “swing states” considererebbe troppo radicali. Ogni volta che i democratici hanno dominato la politica americana, come sostengo nel mio ultimo libro (https://us.macmillan.com/books/9780374200237), lo hanno fatto costruendo un’ampia coalizione di persone che non sono d’accordo su alcune questioni -culturali e talvolta identitarie- ma che concordano sulla necessità di sviluppare un “capitalismo morale” che permetta alla maggioranza degli americani di vivere con maggiore prosperità e sicurezza economica.
Nella nostra precedente intervista avevi già parlato dell’abbandono, da parte del Partito Democratico, della classe operaia e della sua predilezione per le battaglie identitarie… Sta cambiando qualcosa?
Tutti i democratici che hanno vinto nelle elezioni più importanti di novembre hanno ottenuto risultati migliori rispetto a Harris tra gli elettori della classe operaia di tutti gruppi, in particolare tra gli ispanici, che nel 2024 avevano sostenuto solo di misura il candidato democratico. Ma non sapremo se il partito stia davvero riconquistando il voto della classe operaia prima del 2026, e soprattutto del 2028: gli elettori più istruiti e benestanti tendono infatti a recarsi alle urne più spesso nelle elezioni di medio termine rispetto ai loro omologhi meno abbienti. Detto questo, non è corretto dire che i democratici hanno “abbandonato la classe operaia”. Da quasi un secolo sono il partito che sostiene i sindacati, l’aumento del salario minimo, la regolamentazione dei luoghi di lavoro, l’assistenza sanitaria pubblica, ecc. Ma è vero che il sostegno dei democratici ai diritti delle persone transgender, alla limitazione dei poteri della polizia e a misure incisive sul cambiamento climatico ha probabilmente allontanato molti elettori della classe operaia, che hanno percepito i candidati come poco interessati alle loro preoccupazioni economiche. I democratici, però, hanno riconosciuto questo problema e hanno cercato di affrontarlo nelle campagne di quest’anno.
Quali sono state le reazioni delle comunità ebraica e musulmana?
C’è stata una spaccatura tra i giovani ebrei (almeno quelli non ortodossi), che sostengono Mamdani, e la maggior parte degli anziani, che finora non lo fa. I musulmani, nella maggior parte dei casi, sono entusiasti del suo successo: nessun musulmano aveva mai conquistato una carica così alta nella storia degli Stati Uniti. Tuttavia, Mamdani conduce una vita per lo più laica, e questo -da quanto capisco- crea malcontento in alcuni musulmani molto osservanti. Oltre al fatto che, ovviamente, il “socialismo” è un anatema per i conservatori di ogni religione.
(a cura di Barbara Bertoncin)