Omar Belouchet è direttore del quotidiano indipendente algerino El Watan.

La prima domanda riguarda il vostro lavoro di giornalisti, ma anche la situazione più generale, visto che una stampa libera e indipendente è fondamento di ogni democrazia. Qual è la situazione della stampa indipendente algerina oggi?
La stampa indipendente algerina è innanzitutto una stampa molto giovane, esistendo da appena sette anni. E’ nata infatti in seguito agli avvenimenti dell’ottobre 1988, quando migliaia di giovani scesero per le strade dell’Algeria per cambiare le cose e far evolvere la vita politica del nostro paese. A seguito di queste manifestazioni, represse sanguinosamente dal regime dell’Fln, venne varata nel 1989 una nuova costituzione che, per la prima volta dall’indipendenza del 1962, permetteva il multipartitismo, autorizzava la libertà di stampa. Allora, nacquero i primi giornali indipendenti. El Watan appartiene ai giornalisti che lo fanno e fa pienamente parte della nuova stampa algerina indipendente dal controllo delle autorità. In questi ultimi anni la stampa algerina ha avuto enormi difficoltà nel proprio lavoro. Da un lato, almeno 70 giornalisti sono stati assassinati dal Gia; dall’altro, la politica repressiva del governo basata sulla censura impedisce ai giornalisti di svolgere il loro lavoro. A questo proposito, devo ricordare che più di 20 giornalisti sono stati arrestati e molti giornali sono stati sospesi. La censura sulle informazioni riguardanti la sicurezza e l’ordine pubblico è totale e questo impedisce agli algerini di rendersi conto della realtà. A questo si aggiunge un vero e proprio accanimento giudiziario contro i giornalisti e gli editori di giornali. Comunque, il momento più duro per la stampa libera è stato indubbiamente negli anni ’93-94, perché in quel periodo ci fu il maggior numero di omicidi di giornalisti. Quelli che sono rimasti in Algeria vivono oggi in albergo, spesso con le loro famiglie, in condizioni non facili. Ma non c’è altra scelta, perché vivere in città o a casa propria è molto pericoloso, mentre, almeno, gli alberghi vengono protetti dalla polizia.
Dopo gli ultimi massacri il vostro lavoro è diventato più difficile?
Devo dire che da qualche settimana a questa parte in realtà le nostre condizioni di lavoro sono migliorate. In primo luogo, perché i massacri di questi ultimi mesi hanno reso molto più fragile il potere algerino, che si pone ora in una posizione difensiva. Per questo si è visto anche costretto a diminuire la sua pressione sulla stampa per l’insistenza incalzante dell’opinione pubblica algerina, che pretende di essere informata di tutto quel che succede. Inoltre, anche l’opinione pubblica internazionale adesso incalza le autorità affinché permettano alla stampa algerina di svolgere il proprio lavoro. C’è stata la visita della troika europea, quella dei parlamentari europei, quella di decine di delegazioni straniere, di francesi, italiani, spagnoli, canadesi, che hanno chiesto di poter incontrare i giornalisti algerini per sapere da loro quel che succede nel nostro paese. Grazie a queste pressioni oggi il lavoro del giornalista algerino è un po’ più libero dal controllo delle autorità.
Come fate a sostenervi economicamente?
La maggior parte dei giornali indipendenti è privata, per cui non riceviamo alcuna sovvenzione dallo stato. Viviamo grazie alla vendita delle copie e alla pubblicità. Abbiamo creato delle cooperative per distribuire i giornali e per distribuire la pubblicità fra diverse testate. Adesso stiamo anche cercando di acquistare delle rotative di cui possano servirsi più giornali privati. Ovviamente non vi è alcuna sovvenzione statale perché si tratta di giornali che hanno dato fastidio al potere algerino in tutti questi anni. E comunque è evidente che neppure noi accetteremmo questo tipo di finanziamenti perché in questo modo lo stato finirebbe con l’esercitare un controllo sulla linea editoriale.
Cosa vi aspettate dall’Europa istituzionale e dai cittadini europei?
Mi aspetto molto. Mi aspetto che cerchi di capire meglio la nostra situazione, perché, quando si capisce meglio, si agisce meglio. L’obiettivo attuale dunque è quello di comprendere quello che succede in Algeria. Poi, mi aspetto solidarietà con la popolazione algerina e con tutte le forze sociali e politiche algerine che lottano per la democrazia. Non credo che questa solidarietà possa essere considerata un’ingerenza. Trovo normale che le forze democratiche e liberali ...[continua]

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