Quando ti sei accorta che uomini e donne non avevano gli stessi diritti?
Dal momento in cui i caratteri della donna hanno cominciato ad apparire sul mio corpo. E’ allora che sono apparsi i tabù. Da bambina, invece, avevo gli stessi diritti di mio fratello o dei miei compagni di scuola, perché potevo andare a giocare dove volevo, potevo dire quello che volevo, potevo vestirmi come volevo, potevo andare a scuola come tutti i maschi, potevo andare al cinema, giocare a palla, facevo tutto quello che facevano i maschi. Poi, all’improvviso, mia madre cominciò a dire: "Non uscire molto coi ragazzi", "Se un uomo ti invita a casa sua, sta’ attenta, perché può essere pericoloso per te". Così, mi si prospettavano i pericoli della mia condizione di donna e la mia reazione è stata quella di rifiutarla. Non dirò che mi vergognavo, ma non mi rassegnavo: ero adolescente, avevo 12, 13 anni, cominciavo a diventare una donna e volevo essere un ragazzo, volevo avere gli stessi diritti dei ragazzi, avrei voluto fare un sacco di cose, avrei voluto diventare cantante, ballerina, qualcosa che potessi fare senza vergognarmi. E’ stato il mio modo di reagire: volevo superare tutti i ragazzi, volevo essere la migliore... Ho fatto di tutto per riuscire negli studi, per avere la maturità, e farò di tutto per laurearmi e fare anche il dottorato, andrò fino in fondo. Per il momento ho ottenuto buoni risultati.
Ma tutto questo pesa più sulle ragazze o sulle donne adulte?
Più si diventa adulte e più si soffre. La ragazza deve seguire certe regole, non deve esagerare, ma quelle che soffrono di più sono le donne sposate. Una volta sposata, grazie al codice della famiglia, una donna torna ad essere una minorenne per legge... E’ preferibile essere nubile che sposata in Algeria, soprattutto se non si ha la fortuna di avere un marito comprensivo, col quale fare un percorso insieme. La donna nubile vive meno l’oppressione, può fare delle cose di nascosto, se vuole può rompere qualche tabù, può tentare, almeno, di vivere la propria vita. Ed è quello che sta succedendo ora con le ragazze: cercano di fare tutto, tutto quello che fa una donna occidentale, ma senza dirlo in giro, e senza dover rendere conto alla legge.
Dicevi che le giovani si comportano diversamente, che stanno rompendo tutti i tabù... Ma questo è un cambiamento che è avvenuto nello stesso periodo in cui il terrorismo si accaniva proprio contro le studentesse. Come è possibile?
E’ così. Le donne algerine hanno tanti nemici e, primi fra tutti, ci sono gli integralisti. Su di loro non c’è molto da dire, il loro modo di comportarsi è noto, soprattutto nei confronti delle donne. Ebbene, è proprio in una situazione così difficile che i tabù vengono rotti sempre più fino al punto da essere spazzati via. Non so bene come spiegarlo, ma fra i giovani c’è come una rabbia di vivere, è come se la violenza estrema avesse generato una voglia di vivere estrema, come se la sensazione che la vitapuò essere corta, che pende una condanna, avesse un effetto liberatorio, di scatenamento. E’ come quando a qualcuno dicono che ha un tumore, che morirà presto, e lui fa di tutto per godersi la vita al massimo. Questo succede all’Università, alla scuola superiore, ad Algeri, a Orano, all’Est, per esempio in Cabilia, in tutte le regioni, tranne forse che al sud, dove la situazione è molto dura. E dappertutto, fra i ragazzi, c’è una grande intesa, su queste cose si capiscono bene.
Sono stata ad Algeri due giorni durante l’ultimo Ramadan e sono rimasta impressionata: tutti i giorni arrivavano notizie di stragi, si sapeva che il mese del Ramadan è il periodo in cui gli islamisti avrebbero ucciso di più perché loro dicono che quando si muore durante il Ramadan si va in paradiso, ebbene, malgrado ciò, i giovani vivevano intensamente per le strade, come se il pericolo non esistesse. Io avevo un po’ paura, ma volevo guardare le vetrine, prendere un caffè, poi ero con un cugino e così, la sera, sono uscita. Figurati il mio stupore nel vedere che a mezzanotte tutti erano fuori, ragazzi e ragazze, nei bar, nei ristoranti, la gente usciva, c’era un sacco di gente. Vedevo la vita ed ero molto contenta: nella città in cui c’erano tanti morti c’era anche molta vita, la gente viveva al massimo, tutti uscivano, ridevano, c’erano feste dappertu ...[continua]
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