Sei stato a lungo impegnato nel sindacato e poi nel Pd, che hai lasciato dopo il referendum costituzionale, ora, assieme ad altri, hai fondato un’associazione per riflettere sulla sinistra oggi. Puoi raccontarci?
All’origine dell’associazione c’è stata una lunga discussione, anche proprio sulla parola sinistra, perché alcuni rilevavano come nei paesi dell’Est, questa sia oggi associata all’idea della sopraffazione, della mancanza di libertà, ecc. Io, in realtà, penso che sinistra e destra abbiano ancora un senso e che le rispettive risposte ai problemi siano differenti. Ciò che mi muoveva e mi muove è il problema del ventunesimo secolo, cioè la consapevolezza che l’armamentario del diciannovesimo e del ventesimo secolo non sia più sufficiente a fornire risposte alla crisi attuale, perché ciò che è successo, soprattutto a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, ha cambiato completamente la situazione. La globalizzazione, la cosiddetta "quarta rivoluzione” del Novecento, ha aperto un nuovo scenario, dove purtroppo la sinistra perde. Perde, perché restano in campo le ipotesi dell’ordoliberismo tedesco, e la visione antagonista dell’ordoliberismo e della politica dell’austerità rischia di essere quella del populismo nelle sue più variate declinazioni, che in Italia assumono le vesti del grillismo e nei paesi dell’Est europeo assumono caratteri che vanno fino al populismo conservatore, perfino neonazista.
Insomma, mi sembra che i nodi stiano arrivando al pettine e le questioni si ripresentino tutte con durezza assoluta.
La globalizzazione nell’economia, mescolata alle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione disegna un quadro completamente inedito. In qualche modo quella che era la forza della sinistra, cioè l’idea di avere una classe di riferimento, i lavoratori, e uno strumento, lo stato, a fronte di questo cambiamento si sgretola.
Ecco, parlare di XXI secolo significa fare i conti con tutto questo e con una democrazia che entra anch’essa in crisi. Alla fine ho lasciato il Pd proprio perché ho visto che questo partito non aveva interesse ad affrontare tali questioni. Detto questo, Renzi non è arrivato per caso. Renzi è lì perché la politica, come l’acqua, non conosce vuoti, e siccome il Pd non è stato capace di proporre un’ipotesi riformatrice nel senso radicale, cioè che andava alla radice dei problemi, è maturata e si è consolidata una proposta moderata.
Tu vedi un pericolo mortale per la sinistra...
La sinistra oggi, in Europa, e non solo in Europa, non tocca palla. E rischierà di non toccare palla finché non riconosce le ragioni della sua sconfitta. All’inizio dell’Ottocento, non c’era la sinistra come noi la intendiamo oggi, c’erano partiti dentro la borghesia più o meno aperti alle istanze sociali. La sinistra nasce quando si affermano in termini diffusi la presenza di una classe operaia organizzata e l’idea di darsi una struttura. Ecco, come in passato non c’era storicamente una sinistra organizzata, non è detto che in futuro debba esserci ancora. Io ovviamente penso che debba esserci, ma non è che di diritto abbiamo un ruolo: hai un ruolo se hai una politica, delle proposte.
Il problema non è esclusivamente italiano, né solo europeo. Nessuno immaginava che Bernie Sanders potesse avere il consenso che ha avuto con i millenials. Certo è che il popolo ha percepito la candidatura dei Democratici come una candidatura dell’establishment. Come sta succedendo dappertutto. La sinistra viene considerata conservatrice.
Allora, dovendo provare a dire cosa manca oggi, a me pare che manchi innanzitutto l’idea della sconfitta e delle sue ragioni, che non sono personali, di inedia o inadeguatezza del singolo, ma sono politiche, culturali, e vanno indagate. Serve un lavoro radicale, che va fatto sul piano della teoria e della lettura strategica. Socialismo oggi cosa vuo ...[continua]
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