Hai seguito le operazioni relative al sisma che ha colpito il centro Italia ormai tre anni fa. Puoi raccontare?
Il 24 agosto del 2016 il centro Italia è stato colpito da un primo evento sismico di magnitudo 6.0. Si è trattato dell’inizio di una sequenza sismica che ha raggiunto il suo apice con l’evento del 30 ottobre del 2016, con magnitudo 6.5 e poi con una serie di sequenze verificatesi a inizio 2017 e con un ultimo evento di magnitudo 4.6, il 10 aprile 2018. Le aree colpite sono rappresentate dalla cosiddetta nuvola degli epicentri, che non è altro che la collocazione in superficie dell’ipocentro. L’area in questione è collocata al confine tra Marche, Abruzzo, Lazio e Umbria. All’inizio l’evento si è verificato al confine tra Marche e Lazio, venendo identificato come il terremoto di Amatrice (per l’alto numero di vittime), per poi spostarsi più a nord.
Da un punto di vista geologico, questo evento rappresenta una continuazione della sequenza sismica iniziata nel 1997 e proseguita nel 2009 con il terremoto de L’Aquila.
Questi meccanismi geologici distensivi sono legati al fatto che la nostra penisola sta ruotando, chiudendo il mare Adriatico, provocando quindi una compressione della zolla adriatica verso i Balcani. Nel distendersi, la crosta terrestre tende ad assottigliarsi e a produrre delle cosiddette faglie dirette.
La sequenza è stata molto intensa: abbiamo avuto una scossa di 6.5 con una ventina di ulteriori venti superiori a 4.5, seguiti complessivamente da altri tredicimila eventi sopra magnitudo 2. Parliamo di una sequenza che sta durando da quasi tre anni. Il mio telefonino, che è tarato su magnitudo 3.0, ogni settimana mi dà delle segnalazioni. Questi eventi hanno avuto conseguenze straordinarie dal punto di vista della idrogeologia. È perfino cambiata la portata di alcune sorgenti. La sorgente Foce di Montemonaco, che sta sul lato orientale dei monti Sibillini, ha subìto un calo enorme. In pratica, il drenaggio delle acque, invece di prendere la direzione nord-est ora va in direzione sud-ovest: uno sconvolgimento che cambia anche le fonti di approvvigionamento strategico della regione.
Sono tutti fenomeni conosciuti ai geologi; sono faglie mappate da tempo e il cui grado di sismicità è noto. La zona interessata è classificata a sismicità uno, che significa che ci si attendono accelerazioni al suolo molto importanti superiori a 0,25 G (zero venticinque volte la forza di gravità).
Tu hai seguito in particolare la regione Marche: qual è stato l’impatto?
Il terremoto del 24 di agosto aveva colpito ventiquattro comuni della nostra regione, ma dopo l’evento del 30 ottobre i comuni inseriti nel cosiddetto cratere (termine poco corretto da un punto di vista geologico) sono diventati ottantacinque.
Se poi andiamo a vedere i comuni marchigiani che hanno subìto un qualsiasi danneggiamento causa sisma, arriviamo a 163 comuni su 229.
In definitiva, il sisma del centro Italia ha colpito ottantacinque comuni della regione Marche, ventitré dell’Abruzzo, quindici del Lazio e quindici dell’Umbria.
Com’è intervenuto il sistema di protezione civile?
Dopo l’evento del 24 agosto la Presidenza del Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza (che peraltro dura tuttora) e sono stati istituiti i primi interventi emergenziali, che prevedono anche una contabilità speciale.
Ci tengo a dire che non c’è un dipendente in più rispetto al precedente piano organico. Quello che noi abbiamo fatto è stato creare un’organizzazione che si basasse il più possibile sulle strutture che in ordinario si occupano di una data materia, a cui ovviamente è stato chiesto un impegno straordinario.
Faccio un esempio. Un’ordinanza di protezione civile ha stabilito il rafforzamento del trasporto pubblico locale in base a un cambio della demografia e della posizione geografica della popolazione. Ecco, questo tipo di intervento è stato gestito dai colleghi che in ordinario si occupano di questo settore. E così per le altre materie. Questo ha fatto diventare quasi tutti protezione civile.
C’è poi tutta un’altra serie di soggetti che intervengono in emergenza: la prefettura, i vigili del fuoco, i servizi sanitari e poi tutte le associazioni nazionali di pubblica assistenza, le forze dell’ordine locali, l’esercito italiano, che ancora sta dando una grossa mano, il grande mondo del volontariato di protezione civile, e ancora i gestori ...[continua]
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