Tu insegni in Francia e ti sei confrontata con il problema dell’antisemitismo a scuola. Puoi raccontare?
Faccio una premessa sul mio percorso scolastico. Sono nata e cresciuta in Francia da genitori italiani, nel ’98 mi sono laureata e nel 2000 ho vinto il concorso per diventare professore di italiano in Francia. A ventidue anni. Ma in Francia non è un evento eccezionale. Quando uno entra di ruolo deve convalidare questo concorso facendo un anno di tirocinio. Io però, avendo vinto anche un assegno di ricerca all’università, invece di svolgere il mio tirocinio alle scuole l’ho potuto fare all’università. Quindi sono entrata di ruolo in una scuola media solo nel 2011, in Normandia.
Quindi hai aspettato dieci anni prima di entrare a scuola a insegnare.
Sì, ovviamente mi interessava molto la ricerca universitaria. Mi sono occupata di memoria della Shoah in Italia, ma devo anche dire che la scuola di secondo grado mi spaventava parecchio, per quello che sentivo dai miei amici che pure si erano laureati e avevano vinto i concorsi in quegli anni. In Francia, nei primi anni della carriera, si usava, e si usa tuttora, mandare gli insegnanti nei posti più squallidi e difficili della periferia delle grandi città. Entrando di ruolo molto giovane, quindi, ci si trova a volte con ragazzi che hanno anche solo quattro anni meno di te. Proprio nell’anno in cui io ho cominciato la mia tesi, un’amica, che invece aveva fatto la scelta di iniziare subito l’insegnamento, si è trovata a lavorare in condizioni difficilissime: ha subìto addirittura delle minacce di stupro da parte di un ragazzo, cose dell’altro mondo... Con una dirigenza scolastica che già all’epoca non sempre assecondava e tutelava gli insegnanti, per evitare che la scuola fosse giudicata male dal provveditorato. Quindi, sì, devo dire che, ascoltando questi racconti, ero parecchio spaventata all’idea di dover affrontare una situazione simile. Avevo ventidue anni!
Dicevi che occupandoti di antisemitismo, i tuoi timori sono stati confermati…
Proprio nel 2002 mi trovai a partecipare a un corso di formazione per insegnanti organizzato dal Centro di documentazione ebraica contemporanea di Parigi, che cura anche il Memoriale della Shoah, e a una conferenza in cui c’erano George Bensoussan, Annette Wieviorka, quindi persone importanti, rimasi molto colpita da Bensoussan che ci disse: “Vi hanno detto che insegnando ai giovani gli orrori del passato potrete evitare gli orrori del presente, beh, io vi do una notizia che è una bomba: non si può più insegnare la Shoah in alcune scuole in Francia”. E quindi cominciò a raccontarci quello che uscì poi nel 2002 ne Les territoires perdus de la République (“I territori perduti della repubblica”), che pubblicò sotto pseudonimo (anche questo è significativo); ci spiegò che in quanto responsabile di corsi di aggiornamento per insegnanti raccoglieva, ormai da più di cinque anni, testimonianze allarmanti sulla diffusione dell’antisemitismo, del fondamentalismo islamico e del sessismo nelle scuole francesi. Ci disse che in Francia non si potevano più tenere alcuni corsi, in particolare sul tema della storia della Shoah o del ruolo delle donne nella società. Ero una studentessa di 24 anni, cresciuta nella Francia degli anni Ottanta e Novanta ascoltando gli ex deportati che venivano a testimoniare nelle scuole, e ricordo di essere rimasta allibita a quella conferenza. Non avevo mai sentito niente di simile. Senonché, nell’ambito del dottorato di storia a cui ero iscritta, conobbi un gruppo di ragazzi, più o meno della mia stessa età, che già insegnavano nelle scuole secondarie. Loro mi dissero che questo era quello che loro vivevano tutti i giorni. Devo dire che ebbi paura! Pensai: “Se mi trovo in una situazione del genere, cosa rispondo, cosa dico, cosa faccio?”...
Questi insegnanti venivano contestati dagli alunni durante la lezione?
Sì, venivano contestati molto duramente. In due modi: da studenti che affermavano che non c’era stata la Shoah, che era stata tutta un’invenzione degli ebrei, e da quelli che dicevano che sì, erano stati uccisi sei milioni di ebrei ma che sarebbe stato un bene se ne fossero stati uccisi di più. Il clima si era ulteriormente inasprito con l’inizio della Seconda intifada in Palestina.
Ma questo avveniva solo nelle scuole delle banlieue?
Principalmente in brutte scuole di brutte periferie. Ma nel 2003 un ...[continua]
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