Nella storia dell’antifascismo la figura di Lauro De Bosis è un po’ cristallizzata intorno all’immagine agiografica che, come racconti nella tua introduzione ai suoi scritti, le/gli è stata cucita addosso subito dopo la guerra da Gaetano Salvemini, quella del poeta aviatore eroico che sacrifica la sua vita nei cieli di Roma il 3 ottobre del 1931, quando dal suo aereo getta sulla capitale centinaia di migliaia di manifestini antifascisti per poi inabissarsi nel Tirreno, realizzando quasi alla lettera il suo poema, Icaro. Tu invece in questo libro, riproponendo le conferenze che De Bosis avrebbe dovuto fare negli Stati Uniti e la sua corrispondenza con Benedetto Croce, restituisci a De Bosis profondità, innanzitutto come uomo ancorché giovane di pensiero, oltre che poeta, spostando l’attenzione dalla vicenda del volo al programma politico di De Bosis e alle ricche relazioni politiche e intellettuali di cui era parte.
Ho ripubblicato alcuni scritti saggistici, e in modo particolare alcune conferenze, che Lauro De Bosis aveva scritto tra l’estate e il primo autunno del 1931 e che intendeva tenere negli Stati Uniti. Lo apprendiamo da una lettera a Giorgio La Piana, che insegnava storia della chiesa ad Harvard, nella quale De Bosis gli chiede di organizzare per lui un ciclo di conferenze: alcune farà in tempo a scriverle, altre rimangono dei progetti.
È vero, Lauro è stato oggetto di una sorta di agiografia da parte dell’antifascismo e il suo ritratto agiografico ha messo in secondo piano una caratteristica della sua personalità. Mi riferisco al mito della grandiosità, in cui era stato allevato. Posso fare qualche esempio: sempre a La Piana dice di volere scrivere sei libri a contenuto filosofico e, presagendo che non ci sarebbe riuscito, di averli ridotti a testi per conferenze. Ancora: nei mesi in cui prepara il volo su Roma, prende lezioni di volo e prepara un libro su Dante. Ecco la “grandiosità”, questa generosa dissipazione di energie in progetti poco concreti.
I documenti che ho citato sono però significativi anche per un altro dato: la notte prima di volare su Roma, Lauro scrive un memoriale, la “Storia della mia morte”, in cui, anche qui grandiosamente, sembra cedere al richiamo classico della bella morte. Eppure, l’enorme mole di progetti che intanto aveva in mente sembra far pensare che in effetti il proposito di andare volontariamente incontro alla morte non era così forte in Lauro.
Venendo però a considerazioni meno auliche, vanno tenute in conto anche altre motivazioni al fondo del suo gesto che, in ogni caso, rimane per noi eroico. È stato, ad esempio, Giuseppe Prezzolini, nel suo “ritratto non agiografico” di De Bosis, a fornire ulteriori dati che aiutano meglio a centrare la personalità di Lauro e l’esigenza di riscatto che si nasconde nel suo volo. Per comprenderli bisogna brevemente ricostruire la vicenda che ha portato alla scoperta dell’Alleanza nazionale per la libertà, l’organizzazione clandestina fondata a Roma da Lauro nel 1930, assieme a Mario Vinciguerra e a Renzo Rendi. Questa organizzazione mandava in giro delle circolari, indirizzandole a persone di sospetto antifascismo, chiedendo loro di rispedirle ad altri conoscenti.
Era prevedibile che la polizia fascista venisse presto a conoscenza di questa catena di corrispondenze: infatti, dopo pochissimi mesi, l’organizzazione è scoperta e vengono arrestati Vinciguerra e Rendi. Lauro non viene arrestato perché si trova negli Stati Uniti dove, dal 1928, è segretario esecutivo della Italy-America Society, un’organizzazione legata al fascismo, un suo organo di propaganda, che Lauro ha utilizzato come copertura. Al processo istituito dal Tribunale speciale Vinciguerra e Rendi non ritrattano e vengono condannati a quindici anni di carcere, sei di questi in isolamento. Saranno poi liberati anche grazie all’interessamento di Prezzolini, umanamente legato a tutti i protagonisti della vicenda. Assieme a Vinciguerra e Rendi viene arrestata anche la madre di Lauro De Bosis, Lilian Vernon, perché in casa sua viene scoperto il ciclostile usato dal gruppo. La madre è maldestramente costretta a ritrattare e viene spinta a scrivere una lettera di clemenza a Mussolini, ottenendo però la ga ...[continua]
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