Cominciamo dal titolo: “Poutine historien en chef”. Cosa significa?
Putin “storico in capo”: è un titolo abbastanza esplicito. Già da tempo, ma in modo particolarmente sorprendente nel periodo precedente all’invasione dell’Ucraina, Putin ha platealmente assunto questo ruolo di storico. Non sappiamo se sia effettivamente lui a scrivere i testi o qualcuno del suo stretto entourage, resta il fatto che le comunicazioni portano la sua firma. Ebbene, in particolare negli ultimi cinque-dieci anni, Putin è intervenuto su vari temi storici: il patto tedesco-sovietico, l’Ucraina... Che sia lui a pronunciare questi discorsi e che attribuisca una così grande importanza politica alla storia e alla memoria è un fatto che colpisce e fa pensare. L’idea alla base è che per dare una vera coscienza alla nazione, sia fondamentale controllarne la storia e la memoria. Non solo: bisogna tornare a una specie di tradizione russa, a una specifica “via russa” nell’ambito della tradizione slavofila. Naturalmente rivista e corretta da lui. Questo è già un primo fatto molto impressionante.
Lei descrive molto bene il processo che ha portato a questa situazione e anche il modo in cui la società ha progressivamente aderito a questa narrazione.
Sull’indagine dell’adesione della società a questo discorso storico ho fatto tesoro degli eccellenti articoli di Maria Ferretti, soprattutto di uno dei suoi ultimi lavori apparso sui “Cahiers du monde russe et soviétique” nel 2017.
Penso in effetti che per capire quello che succede attualmente, sia essenziale avere una prospettiva storica sugli ultimi trent’anni, e cioè capire cos’ha rappresentato il grande shock della caduta dell’Unione sovietica, questo vuoto di senso che si è creato dall’inizio degli anni Novanta: dove va la Russia? Cos’è stato il comunismo, lo stalinismo, insomma, tutte le questioni poste al momento della Perestrojka.
Come Maria mostra molto bene in quel suo articolo, sono anni in cui l’avvenire è rappresentato da un ritorno al passato radioso, con una mitizzazione della Russia zarista, in particolare del periodo che va dalla fine del diciannovesimo secolo all’inizio del ventesimo; la rivoluzione del 1917 è ridotta a un terribile incidente della storia; con la conseguente convinzione che sia necessario ritornare sulla “giusta via” intrapresa prima del 1917 e interrotta dalla rivoluzione, considerata un avvicinamento all’Occidente.
Ora, questa narrazione ha accompagnato la terapia economica d’urto portata avanti dagli economisti liberali Igor Gaidar e Anatoly Chubais negli anni Novanta. Il fallimento di questa politica, il tracollo economico della Russia, la terribile crisi del 1998, tutte queste vicende hanno fatto sì che quella strategia, inclusa l’idealizzazione del periodo prima del 1917, si rivelasse fallimentare.
Così, quando Putin è arrivato al potere nel 2000, ha presto capito che bisognava proporre un’altra narrazione nazionale, cosa che ha cominciato a fare con quello che io definisco “sincretismo putiniano”, che consiste nell’assemblare elementi del periodo pre-comunista e di proporre una visione del passato piuttosto improbabile dal punto di vista della riflessione storica, dove si insiste su una sorta di “grandeur” della nazione, si mette insieme la Russia pre-1917 e quella post-1917, l’esperienza comunista (de-comunistizzata), il tutto intorno alla grandezza e allo splendore di una Russia eterna, fondata sulla sua gloria militare e ovviamente sull’episodio centrale della “Grande guerra patriottica”.
Ora, è importante sottolineare che questa non è solo una fantasia imposta dall’alto. Si tratta di una narrazione che ha trovato un certo riscontro in una società che aveva bisogno di recuperare una propria fierezza, un sentimento di grandezza e di nazionalismo, gli elementi che tradizionalmente mobilitano i popoli. Oggi sappiamo bene che, se c’è qualcosa che funziona, questo è il nazionalismo; lo vediamo anche in Europa. Purtroppo è un fenomeno che si sta diffondendo e rafforzando.
In fondo il putinismo è una forma di nazionalismo, certo, di estrema destra.
L’associazione Memorial, in questi decenni, si è ...[continua]
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