Quali valutazioni possiamo fare sui risultati delle elezioni in Germania?
Alessandro Cavalli. I risultati di queste elezioni non sono esattamente quelli che ci auguravamo, ma non sono neppure quelli che temevamo. Non sono né il massimo della soddisfazione né il massimo del timore. Poteva andare peggio. Molto interessante è stata l’altissima partecipazione al voto, che segnala come l’elettorato tedesco avesse avvertito l’importanza di questo appuntamento. Anche se chi ha approfittato di più di questo recupero di una parte di elettorato è stato il partito di estrema destra. L’Afd ha recuperato una parte dei non elettori e poi ha assorbito una quota non indifferente dell’elettorato cristiano democratico, ma anche dell’elettorato socialista. Il grande sconfitto di questa elezione è l’Spd, il più antico partito tedesco, che di fronte all’esito di tre anni e mezzo di governo ha dimostrato come sia difficile governare oggi in Europa. Governare oggi in uno stato europeo è particolarmente logorante perché sulle grandi questioni che riguardano la guerra e la pace, l’ambiente e la distribuzione delle ricchezze, i governi nazionali non sono in grado di prendere delle decisioni e questo contribuisce a scalfire la fiducia nei confronti delle istituzioni, lasciando uno spazio molto ampio a chi promette sicurezza. In questo la Germania mostra le stesse tendenze che si vedono in tutti gli altri paesi dell’Occidente: la risorgenza del nazionalismo è un fenomeno che riguarda tutti. Nella Germania assume forme particolari e i dati delle recenti elezioni sono impressionanti da questo punto di vista: la spaccatura Est-Ovest è un fenomeno macroscopico.
Angelo Bolaffi. Io sono grosso modo d’accordo con la diagnosi e l’analisi del voto che ha fatto Alessandro. Vorrei fare due piccole aggiunte. Personalmente non ho condiviso questa sorta di immediato senso di liberazione che ho letto nella stampa italiana. Siamo d’accordo che c’era il rischio che, dopo l’endorsement fatto da Trump e da Musk, e soprattutto dopo l’incredibile serie di attentati delle ultime settimane, fino addirittura a quello al mausoleo degli ebrei uccisi dal nazionalsocialismo, si potesse temere il peggio del peggio. Però grosso modo l’Afd era stata data al 20% e al 20% è andata. Certamente l’entrata in parlamento del partito di Sara Wagenknecht, che è rimasto fuori per un soffio, avrebbe reso ancora più complicato il quadro. Ciò nonostante io concordo con Alessandro che il voto, da un punto di vista sistemico, sia per l’Europa che per la Germania, è molto negativo. Insomma Merz è uscito non propriamente rafforzato e l’Spd registra una sconfitta catastrofica con questo voto. Il partito liberale sarà stato anche un partito che non voleva aprire il cordone della borsa, ma sempre un partito liberaldemocratico è, un partito europeista, e non è entrato. C’è stata una polarizzazione, cioè il centro liberale democratico si è indebolito, mentre si è radicalizzato il voto a destra. Se poi sommiamo i voti della Linke e quelli mancati di Sara Wagenknecht andiamo quasi al 15%, quasi quanto quelli dell’Afd. La vecchia tesi che accompagnava tutte le campagne elettorali nei bei tempi antichi dell’Europa e dell’Occidente, compresi gli Stati Uniti, che si vinceva al centro, non è più vera. Non si vincono le elezioni al centro, purtroppo. I partiti di centro in senso lato soffrono.
Per quanto riguarda l’aumento della partecipazione elettorale, certamente è un fatto positivo. Ricordiamoci che le elezioni precedenti sono avvenute nel 2021, in una fase in cui l’affluenza in luoghi pubblici era quantomeno problematica. Inoltre la Germania veniva da una sorta di lunga stasi politica garantita dalla Merkel, tant’è vero che Scholz ha vinto le elezioni credendo di poter entrare in una fase tranquillissima e si è trovato invece con la storia che ha cominciato a correre in maniera imprevista. È difficile governare perché è cambiato il mondo! Sono aumentate le minacce e sono calate le risorse. Nel secondo dopoguerra in Europa si è rafforzata l’idea che l’epoca del welfare, cioè del benessere sociale, sostituiva l’ ...[continua]
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